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Prodi, l'ex Dc che gli ex Dc non amano

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Nel '98 venne «impallinato» da Cossiga. Ora rischia il bis con il senatore a vita

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Però per Prodi potrebbe iniziare diventare una coincidenza inquietante: lui, ex Dc, è stato «impallinato» una volta, nel '98, da un ex Dc, Francesco Cossiga, che ha fatto cadere il suo governo. Ora rischia di fare il bis, addirittura prima di avere l'incarico, per mano di un altro ex democristiano, Giulio Andreotti. La storia di come il Professore perse la poltrona di premier durate il suo primo governo va tutta letta nella «trama» tessuta dall'ex presidente della Repubblica che colse l'opportunità che gli venne offerta da Rifondazione Comunista. A ottobre del '98 il partito di Bertinotti, a due anni dall'insediamento del governo di centrosinistra, dopo un lungo tira e molla con il premier, annuncia che non sosterrà più l'esecutivo. Per giorni Prodi tenta di convincere il leader dei Comunisti a tornare suoi suoi passi, avvertendolo che con il voto contrario del suo gruppo potrebbe far cadere il governo. Ma Bertinotti resiste. E in questo contesto si inserisce Francesco Cossiga. L'ex presidente della Repubblica stacca un gruppetto di parlamentari dal Polo e crea l'Udr. Ma quando Prodi si presenta alla Camera per ottenere la fiducia l'ex capo dello Stato non gli dà i suoi voti: «La richiesta delle fiducia è catastrofica — spiegò in un'intervista — L'atteggiamento dell'Udr è chiaro: noi voteremo contro. Perché in tal caso si tratterebbe di concedere la pura e semplice fiducia ad un governo di cui, lo confermo fino alla nausea, siamo all'opposizione». L'esperienza di governo del Professore terminò così il 9 ottobre. E sulle sue ceneri nacque il governo D'Alema, stavolta però con l'appoggio dell'Udr di Francesco Cossiga che non esitò a schierarsi con il centrosinistra, sostituendo i voti mancanti di Rifondazione. Un'operazione molto «spregiudicata» frutto di un'intesa a monte proprio tra l'ex presidente della Repubblica e il leader della Quercia. E qualche settimana dopo, proprio Cossiga, in un'intervista, spiegò il suo punto di vista: «Ho dato vita all'operazione più ardita contribuendo a portare a palazzo Chigi il primo post-comunista. Indegnamente ho fatto quello che aveva in mente Aldo Moro. E poi c'erano esigenze pratiche. Non saremmo stati in grado di affrontare la crisi del Kosovo se avessimo avuto un governo Prodi. D'Alema, come tutti quelli educati alla scuola comunista, non è un pacifista. Il pacifismo comunista non esiste. Mentre esiste il pacifismo cattolico e certamente ne era parzialmente intriso Prodi». «Giubilato» dunque per mano di un democristiano, ora il leader dell'Unione rischia di cadere ancora una volta per mano di un ex scudocrociato di cui, tra l'altro, è stato anche ministro: Romano Prodi infatti fu chiamato a guidare il ministero dell'industria dal novembre 1978 fino al marzo 1979 nel quarto Governo Andreotti. È chiaro infatti che se Franco Marini non sarà eletto presidente del Senato, il leader dell'Unione non avrà alcuna possibilità di avere l'incarico di formare il governo. E al suo posto, probabilmente, potrebbe arrivare un primo ministro «tecnico».

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