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La vendetta di Fausto «Mediaset va ridotta»

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Fausto Bertinotti, appena designato come presidente della Camera, ha già messo in chiaro la sua cifra da statista. E se la sua sparata fa rumore, fa ancora più fragore il silenzio dei Ds, appena sconfitti nella corsa per Montecitorio. Parla solo Beppe Giulietti: «Problemi delicati e complessi come quelli relativi al conflitto di interessi alla iperconcentrazione delle risorse pubblicitarie in poche mani - afferma Giuseppe Giulietti dei Ds - non si possono nè affrontare e nè tantomeno risolvere affidandosi a poche battute, di qualunque segno esse siano». Ma che cosa ha detto Bertinotti? Teatro dell'uscita del leader di Rifondazione sono stati gli studi della trasmissione di Rai3 In mezz'ora, condotta da Lucia Annunziata. La giornalista che mise in difficoltà Romano Prodi sulla faccenda della tassa di successione, spinge il futuro presidente della Camera a esprimersi senza peli sulla lingua, prima di «ingessarsi» nel suo nuovo ruolo di terza carica dello Stato. E Bertinotti non si tira indietro. E allora: secondo lei serve un dimagrimento delle reti Mediaset? «Sì», risponde senza esitazioni il futuro presidente della Camera. La Annunziata insiste: «Ma un dimagrimento di reti o di pubblicità?». «Sia di reti, sia di pubblicità» è la secca replica. Bertinotti va avanti e dice di essere contrario a una privatizzazione della Rai. «Bisogna combattere le posizioni di monopolio, duopolio, oligopolio, ma questo perché deve trascinarci in una privatizzazione della Rai?». Spiega Bertinotti che la Rai ha una funzione «fondamentale», e che la sua dimensione pubblica non deve essere toccata. Il video di Stato può avere un ruolo di primo piano nella «formazione del popolo». Se Bertinotti voleva far parlare di sè alla vigilia della sua elezione alla Camera c'è riuscito in pieno. Forse voleva togliersi di dosso l'etichetta di «amico del giaguaro» rimastagli appiccicata dopo i reiterati attestati di stima ricevuti dal premier uscente. Sta di fatto che il centrodestra, di fronte alle sue chiarissime parole, insorge gridando al pericolo per la democrazia. Ma anche nel centrosinistra la proposta del «subcomandante Fausto» suscita critiche e perplessità. «Bertinotti — dice a botta calda Renato Schifani, capogruppo di Forza Italia al Senato — ha manifestato il suo vero volto liberticida». Il coordinatore azzurro Sandro Bondi, che non fa differenza tra Bertinotti e Romano Prodi, parla di posizione «inquietante e avventurista». Poi annuncia: «Reagiremo». Sia con la battaglia parlamentare, sia con il dialogo «con i moderati dell'Unione». Mentre Mario Landolfi, ministro delle Comunicazioni, accusa Bertinotti di avere in testa un Italia televisiva (quella del duopolio Rai-Mediaset) che non c'è più come dimostra l'avvento di Sky. Duro il leghista Roberto Calderoli, secondo il quale il futuro presidente della Camera di «entra a gamba tesa nel delicato settore del pluralismo dell'informazione». Mentre per Luca Volontè, capogruppo dell'Udc a Montecitorio, Bertinotti non fa altro che mettere in pratica «la linea vendicativa di Prodi». Ma anche l'Unione ha mal digerito le parole di Bertinotti. Echeggiando la posizione di Volontè, l'esponente della Margherita Renzo Lusetti dice no alle «proposte vendicative» e chiede piuttosto di approvare una legge efficace sul conflitto di interessi. Clemente Mastella boccia la «proposta comunista» di Bertinotti e cita Massimo D'Alema: «Mediaset è una risorsa per il paese». Va giù duro il comunista italiano Marco Rizzo, che rovescia sul leader di Rifondazione l'accusa più infamante per un ex sindacalista come Bertinotti: quella di «mettere a repentaglio il posto di migliaia di lavoratori» (è la stessa accusa del direttore del Tg4 Emilio Fede). Nel partito di Bertinotti si assiste al dibattito con stupore. Il responsabile economico Paolo Ferrero, cadendo dalle nuvole, commenta: «Noi siamo per la concorrenza. È un principio liberale. Solo in Italia può fare scandalo».

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