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Amato in pole per la Farnesina, D'Alema e Fassino in calo Violante e Minniti sognano di «togliere» le stellette a Parisi

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E chiedono ministeri «pesanti» per avere un'adeguata rappresentana all'interno dell'esecutivo. Si è parlato dell'Economia, con la candidatura addirittura di Piero Fassino. Un'ipotesi rafforzata anche dal fatto che lo stesso Tommaso Padoa Schioppa, il principale candidato, sembra sempre più dubbioso: compito arduo, un governo che offre poche garanzie e soprattutto la possibilità che venga spacchettato il megadicastero di via XX Settembre. La vera partita, sembra però su altri due posti. Il primo è quello degli Esteri. Il grande sogno di D'Alema, sul quale s'annidano strani dubbi. È considerato troppo filopalestinese. E non è troppo gradito agli americani. Ma soprattutto ha scarsi rapporti con l'estero. Anche Piero Fassino vorrebbe la Farnesina. Per lui sarebbe un ritorno, visto che per due anni è stato sottosegretario agli Esteri con delega sui Balcani. E per altri due è stato ministro per il Commercio estero. Ma anche lui non può vantare una grande rete di rapporti: è molto conosciuto in Europa, poco oltreoceano. È per questo che il candidato principale resta Giuliano Amato, l'unico uomo che la Quercia può davvero spendere per un incarico del genere. Il capitolo più problematico invece è quello della Difesa. Romano Prodi sa che quella è una poltrona ancora più delicata di quella della Farnesina. Perché quello della Difesa è il ministro della Nato, ed è per questo gli Usa (ma non solo) potrebbero essere spaventati da un nome che non abbia un curriculum all'altezza. Non è un caso che nel suo primo esecutivo il Professore volle in quel posto il suo maestro Beniamino Andreatta. E lo sa anche D'Alema che ci piazzò Carlo Scognamiglio. Il candidato di Prodi stavolta sarebbe Arturo Parisi, ma dopo il passo indietro di Baffino alla Camera salgono le quotazioni di Marco Minniti, uomo a lui molto vicino. Minniti è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio e ha avuto anche la delega ai servizi segreti e poi sottosegretario proprio alla Difesa nell'ultimo governo Amato. Nelle ultime ore si sta facendo avanti a passetti veloci anche Luciano Violante, che senza imbarazzo ha detto chiaro e tondo in un'intervista che «il governo non sarà forte se non saranno forti i Ds». Insomma, al grido di «Vengo anch'io», il capogruppo uscente alla Camera si propone come ministro. E guarda caso, proprio della Difesa. Sarà ben difficile dirgli di no: avendo fatto per cinque anni il presidente della Camera, sarà arduo sostenere che non ha un'adeguata esperienza istituzionale. Ma per il dicastero che si trova a due passi dal Quirinale, in realtà, i Ds avrebbero un candidato naturale: Massimo Brutti. È stato sottosegretario alla Difesa nel primo governo Prodi e anche nel primo D'Alema; dopo ha traslocato agli Interni. Dunque ha una carta d'identità double face, alla quale può aggiungere, alla voce segni particolari, il fatto di essere stato per tutti i cinue anni della legslatura ai vertici del Copaco, il comitato di controllo sui servizi segreti. Sogna il ritorno al ministero del Lavoro Cesare Salvi, il leader della sinistra interna. Anche se dovrà affrontare anzitutto il difficile compito di «superare» la legge 30 o meglio nota come legge Biagi. Chiede spazio anche Fabio Mussi sta studiando da ministro dell'ambiente da sei mesi. E poi ci sono le solite aspirazioni: Giovanna Melandri vuole tornare ai Beni culturali, Anna Finocchiaro potrebbe andare alla Giustizia. Infine, le possibili new entry, come Marina Sereni, Vannino Chiti, Maurizio Migliavacca. Per loro, tuttavia, è ancora molto presto. Un altro duello sarà dentro il partito. Se Fassino entrerà nell'esecutivo, infatti, dovrebbe lasciare la segreteria. Rischierà la guida dei Ds per far parte di un governo sul quale nessuno scommette duri tutta la legislatura? Potrebbe entrare come vicepremier senza deleghe, o con una delega secondaria, in modo da non dover lasciare il partito. Spiegando magari si dovrà impegnare per la costruzione del Partito democratico, spalle

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