La Quercia lancia l'offensiva e Padoa Schioppa traballa
Ma la partita si complica ogni giorno di più e non c'è certezza neanche dei pochi tasselli del mosaico che sembrano andare al loro posto. La chiusura della complicata vicenda legata alla presidenza della Camera, con la rinuncia del presidente Ds Massimo D'Alema a favore di Fausto Bertinotti, ha infatti aperto un fronte esteso, e neanche troppo sotterraneo, di rivendicazioni. Dalla Quercia innanzitutto, ma non solo. Difficile pensare ora che da via Nazionale non partano richieste di risarcimenti «pesanti» in termini di incarichi ministeriali. Le nuove ambizioni della Quercia potrebbero rimettere in discussione anche la nomina, fortemente accreditata ieri, di Tommaso Padoa Schioppa al ministero dell'Economia. In un primo momento infatti in molti avevano pensato che i Ds potessero entrare nella gestione dell'economia ottenendo per Pier Luigi Bersani la titolarità delle Attività produttive, con funzioni ampliate per l'occasione. Ma alla luce di quanto avvenuto per Montecitorio il partito di Fassino potrebbe non essere soddisfatto della soluzione intermedia e chiedere a gran voce proprio il dicastero di via XX Settembre. D'altro canto era stato lo stesso Romano Prodi a parlare dell'ipotesi Padoa Schioppa come di un'ipotesi «seria e meditata», precisando però che nessun posto è deciso «prima che la squadra sia completa». E perché la squadra sia davvero completa occorrerà davvero usare le migliori arti diplomatiche, dato che da ogni angolo della coalizione si levano numerose le richieste di incarichi. Le ultime in ordine di tempo le hanno avanzate il leader di Italia dei Valori Antonio Di Pietro e Bobo Craxi: al Professore, l'ex pm ha ricordato le «diverse professionalità e personalità in grado di aiutarlo» nella composizione dell'esecutivo. E Craxi ha rilanciato rammentando a Prodi «che esiste un problema di rapporti anche con le forze minori del centrosinistra», un problema di «pari dignità e una questione aperta con l'area socialista». Senza dimenticare che venerdì i Pensionati di Carlo Fatuzzo avevano richiesto al Professore la creazione di un ministero senza portafoglio per le politiche dei pensionati. Un rebus che ha spinto molti osservatori a ragionare su quella che sembra ora la valvola di sfogo più utile ad abbassare la pressione che grava sul leader dell'Unione: il riordino delle competenze ministeriali e l'aumento del numero dei dicasteri. L'ipotesi estrema è quella di un allargamento dell'esecutivo a 26 poltrone, due in più dell'ultimo gabinetto Berlusconi. In mezzo c'è lo sdoppiamento dell'Economia con Tesoro e Finanze da lasciare a via XX settembre e le Attività produttive che inglobano diverse competenze tra le quali quelle sul Mezzogiorno e quelle che una volta venivano rubricate alla voce Bilancio. La creazione di un ministero responsabile dell'attuazione delle strategie di Lisbona e uno per le Piccole e medie imprese. Il tutto con un aumento del peso dei viceministri nell'azione di governo. Una strategia che potrebbe rivelarsi obbligata per sedare le tante richieste di partecipazione che provengono dall'Unione.