La Consulta compie 50 anni
La Corte Costituzionale ha festeggiato in pompa magna in Campidoglio i suoi 50 anni di attività di «custode fedele» della Carta che regola la vita della nazione. Alla cerimonia hanno presenziato il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, e le massime autorità della Repubblica. Nell'aula Giulio Cesare hanno preso posto il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini; i vice presidenti del Senato Domenico Fisichella e Lamberto Dini; il vicepresidente del Csm, Virginio Rognoni; il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione, Nicola Marvulli e Francesco Favara; i senatori a vita (Andreotti, Napolitano, Rita Levi Montalcini, Emilio Colombo); i vertici delle forze dell'ordine, i presidenti emeriti della Corte e i Giudici Costituzionali. Tra gli ospiti, anche i presidenti e i delegati di 60 corti Costituzionali straniere. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha fatto gli onori di casa. A porre l'accento sulle «nuove problematiche» create dai mutamenti dello scenario nazionale e mondiale, è stato il presidente della Consulta, Annibale Marini. «I temi della globalizzazione, dell'immigrazione, del rispetto dei diritti inviolabili di ogni uomo anche di fronte alle esigenze di sicurezza collettiva, del rapporto tra ordinamenti nazionali e sovranazionali - ha osservato - costituiscono altrettante sfide alla coerenza e alla lungimiranza non solo di legislatori e governanti, ma anche di coloro cui le Costituzioni affidano il compito di garantire, in ogni circostanza, la compatibilità delle leggi con i principi fondamentali sui quali poggiano i nostri ordinamenti». Momento centrale della celebrazione, l'ampio discorso del presidente emerito, Gustavo Zagrebelsky, secondo il quale lo spirito della giustizia costituzionale e dei suoi giudici si basa sul «pluralismo e gli equilibri dinamici, il quale si nutre di moderazione, riconoscimento, rispetto e dialogo reciproco». «Il dualismo radicale delle posizioni, che in certi momenti pare minacciarci - ha detto - è nemico della Costituzione e della giustizia costituzionale perchè in contesti di grandi tensioni politiche e culturali che non lasciano altra possibilità che schierarsi con l'una o con l'altra parte, il potere delle Corti di certificare legittimità e illegittimità di una istanza, rischia essa stessa di diventare fattore di altre tensioni e di ulteriori divisioni». Per Zagrebelsky non è possibile combattere i «pretesi eccessi discrezionali cristallizzando nel tempo la Costituzione: la discrezionalità è un dato insormontabile. La riprova è nei progetti di riforma che, come quello discusso in questi anni in Italia».