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I poteri forti abbandonano il Professore

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Tra gli imprenditori schierati con il centrosinista non c'è più nessuno disposto a entrare nel governo

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Su quel «per cinque anni» hanno dubbi in molti, anche nell'area del centrosinistra. Sebbene non lo dicano apertamente. Ora qualcuno comincia a nutrirne perfino sulla prima delle quattro parole che compongono la frase, cioè: «governerò...». Certo sarebbe una violazione delle regole dell'alternanza e della stessa democrazia. Ma un'ipotesi del genere non è stata ventilata da esponenti della CdL. Bensì dal vicedirettore di un giornale, il più diffuso in Italia, che non ha fatto mistero del suo orientamento politico in prossimità delle ultime elezioni. Non solo. I «poteri forti» del mondo economico, gli uomini che contano e che potrebbero essere coinvolti in un modo o nell'altro nel nuovo esecutivo, di recente sembrano voler prendere le distanze dal Professore. I due fatti, messi insieme, autorizzano il sospetto che Prodi potrebbe non mantenere la sua «promessa» di governo quinquennale. Ma andiamo per ordine. Nel suo editoriale del 18 aprile, Pierluigi Battista, vicedirettore del «Corriere della Sera» scrive che se chi ha perso le elezioni (leggi CdL) «adducendo le ragioni della "ricucitura" di un Paese spaccato in due, intendesse suggerire un nome di "decantazione", un nome di una persona vicina al centrosinistra ma non invisa allo schieramento opposto...», il capo dello Stato che «volesse restare fedele alla doverosa scelta di incaricare Romano Prodi non potrebbe uscire improvvisamente di scena senza assumersi l'onere di impegnarsi negli sviluppi che inevitabilmente conseguiranno a quella scelta». Il periodo è lievemente contorto. Ma, probabilmente, ciò è dovuto alla difficoltà di esprimere un'ipotesi che fa parte dei desideri di chi vuole un governo forte e stabile e, nello stesso tempo, non vorrebbe violare le regole. Veniamo al secondo punto. I poteri forti dell'economia. Una delle tante indiscrezioni apparsa su «Dagospia» faceva riferimento a un importante incarico per Carlo De Benedetti, che proprio mercoledì è passato a «salutare» il professore in piazza Santi Apostoli. «La notizia ha del clamoroso, ma arriva dai piani alti della Farnesina - si leggeva sul sito di Roberto D'Agostino - E ha trovato conferma anche sotto l'Ulivo e nei Palazzi del potere. Romano Prodi avrebbe offerto la guida del ministero degli Esteri a Carlo De Benedetti (...) e De Benedetti avrebbe dato il suo consenso di massima per un mandato di soli due anni». Per «Dagospia» l'ipotesi avrebbe anche «il placet» di Massimo D'Alema, anche lui in odore di Farnesina, che «non casualmente, nelle ultime ore ha fatto rilanciare la sua candidatura per la presidenza della Camera, poltrona ambita da Fausto Bertinotti». Una «notizia», però, smentita indirettamente dal diretto interessato: «Incredibili fantasie», è stata infatti la replica del portavoce dell'ingegnere. Altro segnale è il totale eclissamento post-elettorale del patron delle Tod's, che durante la campagna aveva fatto sentire più volte la sua voce contro Berlusconi e la sua coalizione. Tanto da diventare la principale «pecora nera» per il premier all'interno di Confindustria. Da giorni, ormai, Diego Della Valle osserva la regola del silenzio. E, per finire, nulla più si è detto sulla «candidatura» di Corrado Passera (amico di Prodi e Fassino e «ad» di banca Intesa) come «superministro» dell'Economia. Nulla autorizza certezze. Ma i dubbi di vedere il Professore a Palazzo Chigi sono legittimi.

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