«Quadro fosco, i mercati hanno paura»
Il corrispondente dell'Economist John Hooper: «Una grande coalizione con Bertinotti e la Lega è impossibile»
È un invito esplicito diretto agli investitori a stare attenti alla situazione italiana. In autunno già si parlava tra gli analisti della City a Londra della possibilità di un'uscita dell'Italia dall'eurozona a causa della forte perdita di competitività e ora l'esito delle elezione rende il quadro più fosco». John Hooper, corrispondente dell'Economist in Italia, afferma di non essere stupito più di tanto da quanto dice il Financial Times sulla possibilità dell'Italia di restare nell'eurozona anche alla luce della risicata vittoria di Prodi. Un governo Prodi non convince i mercati finanziari? «Non è un problema di governo di centrodestra o di centrosinistra. I mercati finanziari si aspettavano un esecutivo forte, in grado di fare riforme strutturali per ridare competitività al Paese. Ora c'è il timore che Prodi non avendo una maggioranza netta non sia in grado di fare queste riforme perché il margine di manovra sarà molto ridotto. Ciò che preoccupa gli investitori non è il colore del governo ma l'affidabilità economica dell'Italia». Ma come, Bruxelles ha approvato la Finanziaria e la riforma delle pensioni. Non c'è un eccessivo pessimismo da parte sua e del Financial Times? «L'Economist ha pubblicato di recente un grafico con l'evoluzione della competitività in Europa dal 1999. È risultato che in Germania c'è stata una lieve progressione mentre in Italia la perdita è stata del 20%. Ultimamente anche la Goldman Sachs ha fatto degli studi nei quali emerge questo declino dell'Italia». Colpa in gran parte della concorrenza della Cina. Qualsiasi governo avrebbe le armi spuntate, o no? «Si fa un gran parlare in Italia dell'effetto Cina ma le statistiche dicono che la perdita di competitività dell'Italia è soprattutto all'interno dell'Europa. E le cause sono il calo della produttività e l'incremento dei salari reali. Negli ultimi anni Berlusconi pur di non entrare in conflitto con i sindacati ha concesso aumenti salariali spropositati. Quello che il Financial Times dice e che io condivido in pieno, è che se la perdita di competitività diventa rilevante, l'Italia potrebbe uscire dall'area dell'euro». Ma per l'Italia l'euro è stata una conquista, come tornare indietro? «Sempre in caso di una elevata perdita di competitività, l'uscita dall'euro consentirebbe di svalutare il peso del debito e faciliterebbe le esportazioni. Una iniziativa in questo senso non sarebbe nemmeno anti popolare dal momento che l'euro è stato percepito dai consumatori come qualcosa di negativo, che ha generato inflazione». Quale politico o schieramento si assumerebbe la responsabilità di far uscire l'Italia dall'euro? «Non è un'ipotesi così peregrina. Non dimetichiamo che il leghista Maroni ha parlato, non tanto tempo fa, di qualcosa del genere». La grande coalizione potrebbe essere la soluzione? «Non credo sia possibile in Italia. Come mettere d'accordo la Lega con Bertinotti?» Tornare a votare? «Credo che molti politici si rendano conto della gravità della situazione. Tornare a votare non risolverebbe nulla giacchè è difficile pensare che chi ha votato per uno schieramento possa cambiare idea e esprimere una maggioranza più netta. Il governo Prodi deve fare ciò che può per migliorare la situazione ma anche prima delle elezioni c'era scetticismo verso una coalizione in cui domina la sinistra radicale».