Rai, il nodo Meocci prima della lottizzazione
Il centrosinistra vuole accelerare i tempi per le nomine. Possibile una soluzione intermedia: Leone
Per il giorno 20 infatti sul tavolo del cda di Viale Mazzini dovrebbe arrivare la decisione sull'incompatibilità tra il ruolo ricoperto fino a qualche tempo fa all'Authority per le Telecomunicazioni e l'attuale direzione generale della Rai. Qualora l'Authority decidesse per l'incompatibilità di Meocci la Rai sarebbe sanzionata pesantemente dal punto di vista economico: 14 milioni di euro di multa. Una somma da capogiro che per le casse della tv di Stato significa quasi una bancarotta. Unica scappatoia: l'archiviazione del procedimento. Tuttavia al caso Meocci guardano un po' tutti con un certo interesse. La sua incompatibilità di ruolo porterebbe la decadenza dell'incarico e la Rai si troverebbe senza direttore generale. A quel punto chi vuole cominciare da subito a mettere le mani sulle poltrone che contano avrebbe la possibilità di entrare in azione. E muovere i tentacoli. Il centrosinistra farà di tutto per dare il via alla lottizzazione. Controllare l'informazione Rai è di vitale importanza alla vigilia di scadenze come l'elezione del presidente della Repubblica, delle amministrative e del referendum sulla devolution. Le grandi manovre di accerchiamento alle direzioni dei tg sono già cominciate. Soprattutto al Tg1, dove i papabili per la poltrona della direzione sono diversi. De Bortoli, Anselmi, Ruffini, Badaloni, Caprarica e chi più ne ha più ne metta. Intanto però l'attuale direttore Mimun ha smentito che ci sia stata già una pressione di «regime». Mimun, l'arbitro del primo confronto Berlusconi-Prodi che fece registrare un ascolto di 16 milioni di spettatori sottolinea: «Da nessuna parte politica ci è giunta alcuna raccomandazione in ordine al racconto delle elezioni. Lo dimostra il fatto che il Tg1, come tutti i giornali d'Italia e del mondo, definisce la vittoria del centrosinistra "di misura". Dunque al Tg1 - conclude Mimun - non sono in corsa prove tecniche di regime». Detto questo torniamo alla questione del direttore generale. Il favorito resta Beretta, ma difficilmente Prodi darà il via libera a una nomina così importante già adesso. Scatenerebbe un putiferio di reazioni. E l'Unione farebbe la figura del... caimano. Quindi le nomine potrebbero slittare a luglio. Una data però tardiva per mettere le mani sui palinsesti del prossimo anno che si preparano prima dell'estate. Anche se va detto che la Rai è talmente allo sbando da non essere da tempo in grado di adottare una strategia aziendale a lungo termine. In attesa di Beretta, e del nuovo governo, a sostituire Meocci potrebbe essere chiamato Giancarlo Leone. Il figlio dell'ex presidente della Repubblica, uomo di centro, aziendalista, stimato e ben voluto da molti. Un manager che sicuramente conosce bene le professionalità interne, pronte a rimettersi in gioco dopo anni di anonimato e di limbo. Intanto il primo contratto è stato già firmato. Si tratta del rinnovo per Bibi Ballandi, l'organizzatore di grandi eventi televisivi reduce però dal clamoroso flop della Carrà. Un uomo per tutte le stagioni, un vecchio democristiano che strizza un occhio alla Margherita e l'altro all'Udc. A proposito di partiti e di elezioni. I sondaggisti che hanno dato i numeri con gli exit poll pare proprio che non beccheranno un centesimo dalla Rai, furiosa per la figura fatta davanti ai telespettatori. Una figura che ha fatto passare in secondo piano gli sforzi compiuti per organizzare le costose e dispendiose dirette.