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Chiesa in campo per costruire la coalizione

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Una cosa è certa anche stavolta, dopo la grande convergenza del referendum sulla legge 40, i cattolici si trovano uniti sotto una stessa bandiera: dopo l'esito incerto delle elezioni, per far ripartire il Paese, occorre unire anziché dividere. Ieri Avvenire, quotidiano della Cei, lo ha ripetuto in un editoriale in prima pagina: «C'è da unire e riunire, curando ferite e ricucendo slabbrature, non sulla base di astratte dichiarazioni di volontà, ma con concreti sforzi di comprensione delle ragioni altrui». Non tatticismi politici quindi, ma un dialogo franco tra i Poli per il bene del Paese. Per questo nessuno, anche se la strada tracciata sembra condurre in quella direzione, pronuncia la parola «Grosse Koalition». Prima delle formule, che troppo spesso si trasformano in alibi per clamorosi inciuci, servono i contenuti. Così, in assenza di un pronunciamento ufficiale della Cei (che però si è già ampiamente espressa attraverso i media «di riferimento»), i cattolici scendono in campo per dire la loro. Martedì erano state le Acli ad inaugurare la carrellata di interventi con il neo-presidente Andrea Olivero che, pur rivendicando il diritto a governare di chi ha ottenuto la maggioranza dei seggi, aveva indicato come prioprità del futuro governo la conquista «della fiducia dell'altra metà degli italiani». Come? «Cercando - aveva detto Olivero - il più possibile soluzioni condivise tra le diverse parti sociali e i singoli cittadini». Ma, ad un'associazione come le Acli «tiepida» in materia di Grosse Koalition, hanno risposto ieri altre due sigle storiche del mondo cattolico: la Compagnia delle Opere e il Movimento Cristiano Lavoratori. Come aveva già fatto prima delle elezioni (annunciando il proprio sostegno alla Cdl) la Cdo, associazione di piccole e medie imprese (ad oggi 30.000 associati) nata dall'esperienza di Comunione e Liberazione, ha affidato il proprio giudizio ad un volantino dal titolo: «Servire il popolo». «Ci vorrebbe - è l'auspicio espresso dall'associazione presieduta da Raffaello Vignali - un accordo tra le componenti realmente riformiste dei due schieramenti (sull'esempio dell'Intergruppo per la Sussidiarietà)». Insomma, secondo la Cdo, il modello già c'è basterebbe replicarlo in questo momento di impasse. Sulla stessa lunghezza d'onda, anche se con accenti diversi il Movimento Cristiano Lavoratori che, per bocca del presidente Carlo Costalli: «Auspica un grande senso di responsabilità nei confronti del Paese per il raggiungimento di politiche che hanno bisogno di una larga concertazione (qualche volta bipartisan». E, mentre le altre sigle sindacali rifiutano qualsiasi ipotesi di Grosse Koalition, anche la Cisl parla di «correttezza e responsabilità». Ieri il numero uno in pectore Raffaele Bonanni è tornato sulla necessità di «un'assunzione di responsabilità da parte di tutti». E anche l'ex segretario Savino Pezzotta (per molti in predicato per un posta da ministro in un ipotetico governo di grande coalizione) ha ribadito il concetto. «Non mi addentro - ha detto Pezzotta - sulla questione se serve o meno una grande coalizione alla tedesca, penso che quest'instabile equilibrio debba in tempi brevi trovare uno sbocco politico che non ripieghi su una governabilità minima». Insomma, ai cattolici la «Grosse Koalition», piace più del «Prodino».

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