ALLA fine l'Unione ce l'ha fatta strappando, in extremis, i due senatori che le danno formalmente la ...
Una condizione che preoccupa e non poco la coalizione di centrosinistra che sarà costretta a garantire, sempre e comunque, la presenza dei propri senatori in Aula. Ma i problemi per Prodi e i suoi non finiscono qui. Il distacco ristrettissimo tra i due schieramenti, infatti, crea una certa instabilità anche all'interno delle Commissioni permanenti di palazzo Madama dove si giocheranno molte delle partite importanti della prossima legislatura. Il calcolo è semplice. L'Unione può contare su una maggioranza di appena due senatori. Le commissioni permanenti però, sono 14. Se l'Unione volesse avere la maggioranza in ogni Commissione, quindi, dovrebbe avere almeno 14 senatori di scarto. Dove prendere i 12 senatori mancanti? Certo, secondo il regolamento, i gruppi parlamentari che hanno meno di 14 iscritti, possono nominare uno stesso senatore in tre Commissioni. Putroppo però, nella coalizione di centrosinistra, al momento si costuirebbe solo un gruppo con meno di 14 senatori (quello dei Verdi-Pdci con 11). Comunque, al di là dei calcoli matematici sembra un'impresa davvero ardua, per l'Unione, riuscire a garantire la maggioranza in ogni singola Commissione. Dopotutto c'è anche un precedente. Era il 1994 quando Silvio Berlusconi, nonostante la vittoria elettorale, non riuscì ad ottenere una larga maggioranza al Senato. Risultato (al di là delle implicazioni giudiziari) il governo cadde al primo refolo di vento. Ma c'è anche un altro fronte che, in queste ore di fibrillazione elettorale, si sta aprendo a sinistra. Ed è quello che riguarda i futuri incarichi di governo. La regola non scritta fissata prima del voto nei partiti dell'Unione prevedeva l'assoluta incompatibilità tra il ruolo di ministro o sottosegretario e quello di senatore. Per questo molti big avevano accettato la candidatura a palazzo Madama certi che, una volta eletti, avrebbero rinunciato al mandato per sedere al governo. Ora che però la maggioranza è così instabile c'è una domanda che serpeggia nei vertici dell'Unione: ha senso far entrare in Senato dei «peones», che rischiano di non garantire la propria presenza, al posto dei big? Il futuro governo Prodi sembra già destinato ad avere vita breve.