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Al Tg1 vietato parlare di vittoria risicata

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Lenta, inesorabile, avanza alla conquista di nuove poltrone. Per il momento non è Prodi a interessarsi direttamente della questione (ne ha altre ben più scottanti) ma i prodiani. O prodini se preferite. Un primo input è giunto al Tg1: d'ora in poi è vietato parlare di vittoria risicata dell'Unione. Il successo c'è stato ed è stato un grande successo. Un segno di potere (o di regime se preferite) che attesta come le cose da qui a poco stiano per cambiare a Viale Mazzini. Tra i prodiani c'è un ala che fa capo a Lusetti, all'ex direttore del Tg1 Brancoli e a Riccardo Levi che si sta agitando nel muovere le fila. Ai tre non sarebbe affatto sgradito dare subito un primo segnale di cambiamento. Ovviamente dopo il pareggiotto è impensabile pensare a un "Raibaltone" immediato, tuttavia qualche piccola mossa imminente non è affatto da escludere. Si pensa di dividere di nuovo le testate dei giornali radio e delle reti radiofoniche, allo scopo di avere più poltrone a disposizione per la lottizzazione. Televideo e Rai News potrebbero invece finire accorpate. Inutile nasconderlo: i primi malloppi da conquistare sono le direzioni del Tg1 e di RaiUno. Dietro l'angolo ci sono appuntamenti importantissimi come l'elezione del presidente della Repubblica, le amministrative, il referendum. E il centrosinistra non può certo permettersi distrazioni. Soprattutto per quanto riguarda l'informazione. Certo, sostituire Mimun e Del Noce non sarà facile. Anche per i maghi delle strategie. I due sono stati premiati dagli ascolti per tutta la stagione (il dopo Tg di Mimun è al 26%). Per rimpiazzarli nella corsa ci vogliono cavalli di razza non brocchi. Qualcuno spera che sia la concorrenza (Mediaset) a portarseli via, levando così la Rai dall'impaccio. Tra gli esterni le candidature più papabili per il Tg1 sono De Bortoli e Anselmi, rispettivamente direttori di Sole 24 ore e Stampa. Una soluzione interna potrebbe favorire Di Bella (attuale direttore del Tg3) o Paolo Ruffini, quota Margherita, in lizza anche per la poltrona di direttore di rete. La prima, ovviamente. Qualora al Tg1 dovesse spuntarla Ruffini al suo fianco potremmo trovarci Guido Dell'Aquila, fedelissimo del Botteghino. Salvo sorprese a Badaloni dovrebbe andare una poltrona di seconda fila, nonostante l'ex governatore del Lazio sia tra i più attivi nei corridoi (in compagnia di Sassoli, Giuntella e De Strobel). Tra l'altro, sempre al Tg1, non è da escludere il ritorno di Daniela Tagliafico (in quota Fassino) nel ruolo di vicedirettore. Attivissimo anche il dipietrista Bruno Mobrici. Che la Rai sia in acque agitate lo testimonia quanto accaduto al diessino Giulietti, costretto a ingoiare il rospo delle urne: non è riuscito a farsi eleggere in Parlamento. Chi preme per una svolta immediata si trova davanti un muro da abbattere, non solo per la logica dei numeri (il cda è ancora 5-4 per il centrodestra), ma anche per i vertici di Viale Mazzini che vedono un Petruccioli nel ruolo del pompiere. In questo momento il suo mandato prevede di gettare acqua sui bollenti spiriti, sempre in fermento nei capannelli dei corridoi. Del resto ci sono le poltronissime da assegnare: direzione del personale, dei palinsesti, dei giornali radio, di televideo e Rai Fiction. Per non parlare della nomina più importante: il direttore generale. A giorni si dovrebbe sapere qualcosa di più sull'incompatibilità di ruolo di Meocci. Come arriverà la notizia (il cda potrebbe trovarsela sul tavolo già il 20 aprile) dal cilindro potrebbero saltare i candidati. Per primo il favoritissimo Beretta, anche se Confindustria preferibbe tenerlo ancora un po' congelato. In attesa di capire di più sul futuro governo del Paese. Altri candidati Perricone e il gettonatissimo Alessandro Ovi, che nella sua tasca di promesse ricevute ne ha una collezione. Nel caso di una soluzione interna le chance migliori sono per Leone e (poche) per Minoli. Quest'ultimo bocciato dai Ds, ma spinto dai centristi. Per contro potrebbe perfino verificars

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