di MAURIZIO GALLO «CREDICI e arriverai al Palalottomatica».
Simone al Palalottomatica non c'è arrivato, non era fra gli artisti convocati per la kermesse dell'Ulivo. Ma oggi sarà sul palco di piazza del Popolo per la chiusura della campagna elettorale della coalizione prodiana insieme con altre «ugole» celebri e apprezzate nel mondo dello spettacolo. Chiudere in musica è, infatti, la parola d'ordine ulivista. Se nell'ex palazzo dello sport dell'Eur della capitale era stato scelto un cocktail di note, battute, filmati con «testimonial costituzionali» (Foa e Scalfaro) e attori che recitavano un j'accuse contro il governo Berlusconi, questo pomeriggio la musica sarà protagonista dell'iniziativa. Prodi e i suoi, comunque, non rinunceranno al sarcasmo, tanto da far precedere il discorso finale del leader dell'Unione da un monologo dell'esilarante Maurizio Crozza, mentre Enrico Bertolino farà da «presentatore». Alle 16,30 introdurrà la manifestazione il ritmo di «Capone&BungtBangt» mentre, dopo il comizio dei leader dei partiti dell'Ulivo (parleranno Luciana Sbarbati, Francesco Rutelli, Piero Fassino e Romano Prodi, mentre il sindaco di Roma Walter Veltroni ci sarà ma soltanto per un breve saluto), saliranno sul palco «Roy Paci&Aretuska», Simone Cristicchi, L'Orchestra di Piazza Vittorio, Folkabbestia e i Ratti della Sabina, che proporranno dal vivo la rinnovata tradizione musicale italiana mixata coi nuovi suoni e i nuovi ritmi mondiali. Ci saranno anche Paolo Belli e la sua Big Band. Sarà anche un modo, per gli artisti del settore, di ribadire con la loro presenza la richiesta della realizzazione di una Legge per la Musica sulla base dell'impegno preso dal Professore nell'incontro del 26 marzo scorso con gli operatori, gli artisti e le associazioni di discografici. Insomma, comici, cantanti e politici insieme per un «Ulivo da ridere». Se ci sarà da ridere davvero o no si vedrà lunedì. Però la sensazione è che all'interno della coalizione di centrosinistra si respiri un'aria tranquilla e fiduciosa sebbene la tensione delle ultime giornate, la volgare violenza della campagna elettorale e la fisiologica incertezza sul risultato che daranno le urne fa un po' da filtro opaco all'ottimismo sulla vittoria del confronto-scontro con la Casa delle Libertà. Per questo nell'aria non c'è ancora odore di champagne ma leader e portavoce dei partiti che compongono il fronte unionista si mostrano sereni e positivi, non si sa quanto per trasmettere una sensazione di sicurezza e quanto invece perché questo rispecchi il loro reale stato d'animo. Le ultime boutade del Cavaliere, dalla promessa di abolire l'Ici sulle prime case a quella di eliminare l'Irpef fatta a Il Tempo, hanno incontrato (a parte radi e secchi commenti) il silenzio dell'opposizione. La linea strategico-mediatica, per capirci, è quella di «non rispondere alle provocazioni» oppure di minimizzare. Ma il problema è, soprattutto non lasciare che, fra dichiarazioni, repliche e controrepliche, gli argomenti del premier monopolizzino le ultime giornate pre-elettorali, come in effetti è stato finora. Sembra, infatti, che per Berlusconi (sapiente comunicatore e grande imbonitore) quello che conta sia apparire. Non importa molto se le sue promesse sono credibili. Non importa se sorprende, stupisce e, magari, indigna pure con un linguaggio da osteria. Anzi. La sorpresa colpisce, «fa notizia», attrae e catalizza l'attenzione. E la «ruba» agli altri. Troppo spesso, tuttavia, i leader dell'Unione replicano nel merito. O non replicano affatto. Prendono sul serio le provocazioni del presidente del Consiglio che, invece, quando la dice troppo grossa, poi «recupera» spiegando che scherzava, che era una battuta, che non voleva offendere. Ma è lui a stare sempre in prima pagina. Lui a conquistare i titoli d'apertura dei «tiggì». Non conta, questo, in una campagna elettorale?