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Parola sparita dal vocabolario del Professore: «Non si sa come finirà» Ieri ha provato a rassicurare tutti timidamente: «Avremo l'investitura»

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E non a giornalisti italiani, bensì francesi. Una troupe di France 3 chiede spudoratamente a Romano Prodi: non ha paura di fare come Jospin, il candidato della sinistra transalpina che nel 2002 si sentiva già all'Eliseo e non arrivò neanche al ballottaggio? E il leader dell'Unione sbiascica qualche parola: «Qui non si sa come andrà. In Italia stiamo vivendo una campagna elettorale che non offre sicurezze su chi sarà il vincitore. Ma io ci credo». Ci credeva ancora Romano Prodi. Dopo, di vittoria, non ne ha parlato più. E sembrava, quel giorno, un altro Prodi. Un altro leader politico rispetto a quello che, spavaldo, appena nell'ottobre scorso si sentiva il successo in tasca. E scanzonato, avvertiva già Berlusconi citando Pier Capponi, il gonfaloniere, esponente dell'opposizione antimedicea, che alla fine del Quattrocento contrastò a Firenze la discesa di Carlo VIII re di Francia in Italia: «Se voi suonate le vostre trombe - riecheggiava il leader dell'Unione - noi suoneremo le nostre campane...». Sia chiaro, il Professore non ha mai usato toni trionfalistici. Non ha mai dato per scontata la vittoria a differenza del suo competitor. Ma la certezza, la sicurezza innaffiata da un po' di superbia sembrano oggi essere svanite. Il 19 gennaio per esempio si appellava agli elettori delle primarie: «Quei quattro milioni ci guideranno alla vittoria». Il 31 gennaio si preparava già a formare la squadra di governo. E chiamava al ministero dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa: «Un governo è sempre un mix - spiegava il capo del centrosinistra -. Poi se c'è qualche ruolo in cui c'è bisogno di un aspetto tecnico particolare, può benissimo essere un non politico». Una settimana dopo, sotto assedio di un finto Bruno Vespa inviato da Striscia la Notizia, Prodi si lasciava scappare: «Una vittoria di Berlusconi? Onestamente il rischio non si pone, sarà il trionfo della mortadella (alludendo al suo soprannome, ndr)». Già si vociferava di un recupero della Cdl, ma il Professore rispondeva con una tale tranquillità da permettersi anche una battuta: «Loro stanno bene con le bufale, ma vincerà la mortadella che è un cibo buono ma vero». L'11 febbraio, parlando alla convention programmatica della coalizione, ormai certo di aver incamerato i suoi elettori, si rivolgeva anche a quelli della parte avversa: «A chi ha già votato per noi alle precedenti elezioni politiche, ai tanti che ci hanno dato la vittoria in tutte le elezioni di questa legislatura, io dico, anche a nome di tutti voi: dateci la vostra fiducia. A chi ci ha negato finora il suo voto, io dico: è ora di voltare pagina». Ma i primi dubbi arrivavano a metà febbraio. A chi gli chiedeva un commento sulla possibilità di un pareggio, il Professore reagiva stizzito: «L'unica risposta è una vittoria chiara e forte, alla Camera e al Senato, per frenare questi desideri di parità che ogni tanto ritornano in questo Paese, questa voglia di tornare indietro. L'unica risposta ai pasticci, ripeto, è una vittoria netta del centrosinistra». Il giorno dopo ci teneva però a rimarcare: «Non ho mai dato la vittoria per scontata ma la nostra posizione è ancora di solido vantaggio e quindi non ci sono preoccupazioni». In quei giorni si andava anche intensificando la campagna berlusconiana, si facevano più forti anche il pressing, le accuse, le provocazioni. E così anche Prodi riassumeva i toni più aspri e soprattutto si mostrava di nuovo sicuro visto che, a giudizio dell'Unione, l'avanzata del Cavaliere non era così preoccupante come sembrava: «Lo manderemo via il 9 aprile», sentenziava da Napoli. Ancora un paio di giorni e tornava l'incertezza che il leader dell'Unione cercava di ricacciare: «Non vedo perché dovrebbe determinarsi il pareggio. Certo, questa legge elettorale è sciagurata, ma ritengo possibile la vittoria dell'Unione in entrambe le Camere». A marzo arriva il soccorso del Corriere della Sera, tanto che il 14 il Professore si sente già a Palazzo Chigi: «Dopo il voto, inviterò Berlusconi e Letta a un colloquio per un passa

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