E il Cavaliere scippò l'idea all'amico Fini

Il colpo di teatro sfoderato dal premier Berlusconi negli ultimi minuti del secondo, e forse decisivo, faccia a faccia con Romano Prodi, ha sorpreso tutti, compreso i suoi alleati. Non è la prima volta, infatti, che nella Cdl si parla di abolizione dell'Ici sulla prima casa. Il fatto è che mai, prima di lunedì sera, il presidente del Consiglio aveva dato l'impressione di essere particolarmente interessato alla vicenda. Al punto che nel programma per il quinquennio 2006 - 2011, presentato dal premier lo scorso 24 febbraio, non se ne faceva menzione (anche se, dopo l'annuncio televisivo, ieri il sito di Forza Italia ha subito inserito l'abolizione dell'Ici come primo punto del capitolo «Casa»). Ma ad un Berlusconi «tipiedo» sul tema Ici (al punto che il suo partito FI, nella passata legislatura, non ha mai presentato proposte di legge per l'abolizione totale dell'imposta), fa da contraltare un Gianfranco Fini «caldissimo». È il leader di An (sostenuto ovviamente dal suo partito) il vero «ideatore» dell'abolizione dell'Ici sulla prima casa. E probabilmente non ha proprio gradito il modo in cui lunedì, il Presidente del Consiglio, senza preavviso, gli ha scippato la sua «creatura». Una «creatura» nata addirittura nel 2001 quando Alleanza Nazionale presentò, alla fine di gennaio a Roma, un manifesto intitolato: «Dopo Visco...un Fisco meno brutto». Un «manifesto fiscale» che conteneva, tra l'altro, oltre all'idea di abolire la tassa di successione, anche quella di eliminare l'Ici sulla prima casa. Poi, cinque anni di silenzio. E quell'idea si trasformò presto in materia per i deputati e i senatori di An che, non a caso, in questi anni hanno presentato ben quattro proposte di legge sull'argomento. C'è quella del senatore Luciano Magnalbò che chiedeva l'abolizione dell'Ici sulle prime case non di lusso. Quella del suo collega Giuseppe Specchia (esenzione per chi ha meno di 7.500 euro di reddito). E ancora quella presentata dal deputato Enzo Trantino (esenzione dell'Ici per chi ha un reddito inferiore ai 15 milioni di vecchie lire) mentre all'esenzione totale dell'imposta, sulle prime case, mirava la proposta presentata dal vicepresidente della Camera Publio Fiori (poi passato nella Dc di Rotondi). E Fini? Fini si sa, è persona caparbia. Così, mentre i suoi uomini cercavano in tutti i modi di far passare la proposta seguendo l'iter parlamentare, il vicepremier meditava. Maditazione che si è conclusa lo scorso 28 marzo quando il leader di An è tornato alla carica. «L'imposta comunale sugli immobili - ha detto Fini - non può essere così elevata come oggi, e noi vogliamo eliminarla nei casi in cui la casa non dia un gettito, quando cioè la casa è il tetto sotto cui si vive». Più chiaro di così si muore. Peccato che Berlusconi, di fronte all'idea del suo alleato, non abbia mosso neanche un sopracciglio. Non una dichiarazione di approvazione, non una parola che lasciasse intendere che l'idea di An sarebbe potuta diventare il colpo di scena finale della campagna elettorale. Niente fino a lunedì quando, davanti a 12 milioni di telespettatori, è andato in scena il furto. Così, a Fini non resta, altro che raccogliere la gloria postuma. E, mentre tutta An scende in campo per dire «noi lo avevamo detto», il vicepremier commenta: «La proposta di abolire l'Ici sulla prima casa è fattibile. Non è vero che obbligherebbe Comuni, come sostiene l'opposizione, a tagliare le spese sociali. Questo è terrorismo psicologico». E, rispondendo a chi gli chiede se non si senta «defraudato» della proposta, dice : «Sono soddisfatto della proposta lanciata dal presidente del Consiglio Berlusconi perché An da tempo insisteva sulla possibilità di cancellare l'Ici sulla prima casa. Il fatto che ora tutta la coalizione si ritrovi su questa nostra posizione è positivo ed è la dimostrazione che An conta nella Casa delle Libertà». Insomma, se proprio Berlusconi deve passare alla storia come l'uomo che abolirà l'Ici in Italia, ricordi almeno che c'è chi, da cinque anni, cercava di por