«Romano, basta insulti»
In un fondo pubblicato ieri il quotidiano suggerisce a Romano Prodi di «ammettere l'errore» commesso definendo «delinquenza politica» le accuse della Cdl, e di riprendere «l'aplomb» che lo aveva caratterizzato nelle settimane precedenti, quando l'Unione «camminava sul velluto, scivolava via come l'olio verso un successo scontato». Il quotidiano paventa la «sindrome della gioiosa macchina da guerra», e parla di «nervosismo che si diffonde nell'Unione», dove «ciascuno comincia a parlare, anzi a straparlare e la coalizione si sfalda proprio sull'argomento clou», le tasse. «Berlusconi — ricorda l'editoriale — ha vinto cinque anni fa promettendo meno tasse per tutti», ma non è riuscito a mantenere la promessa ed era in difficoltà. Mentre la proposta di Prodi sul cuneo fiscale era buona, ma aveva «lacune d'impostazione, soprattutto quella di non essere in grado di spiegare dove trovava i soldi». Quando si è trattato di spiegarlo, «è cominciato in televisione l'ambaradan. Una ridda di cifre e di ricette che hanno confuso la testa degli elettori». E alla fine, Prodi «l'ha fatta grossa, lanciando prima un anatema e poi un vero e proprio insulto», quello di «delinquenza politica». Finora, per il Riformista, «Prodi era stato bravissimo nel rifiutare la rissa, aveva mostrato un aplomb perfetto e un sangue freddo invidiabile». Ora «lo stress di questo duello all'ultimo sangue deve avergli fatto perdere le staffe» ma «farebbe un bel gesto se ammettesse l'errore. E chiudesse così egli stesso questa pagina non esaltante, senza attendere la tirata d'orecchi di Ciampi».