Tasse, Roma, Tav, Usa. Le ultime gaffes di Romano
Solo nelle ultime settimane è stato un florilegio di dichiarazioni e dietrofront che hanno imbarazzato gli alleati
Treni a bassa velocità. Legge Biagi sì, Legge Biagi no. Parigi brucia (e forse anche l'Italia). Una successione da suicidio. La pazzia dell'ascoltatore. Ecco le gaffes di Romano Prodi. Di ogni genere. Per tutti i gusti. Da gaffeur navigato. E la lista è sicuramente più lunga se si va indietro con la memoria. Questi sono i camei delle ultime settimane. Gaffe che indicano nervosismo, un'insofferenza per una campagna elettorale che lo sta logorando. La conferma, ieri, quando a Radio Anch'io dà del «matto» ad un ascoltatore che gli chiede se una volta a Palazzo Chigi il suo governo reggerà alla Finanziaria. Una spia che lampeggia sul rosso e che indica che ormai il Professore è in riserva. Non regge certi ritmi, ha bisogno di staccare la spina. Forse lo sanno anche i suoi alleati che si danno il cambio per sostenerlo e tenerlo lontano dagli strafalcioni. Ma è impresa ardua. Prodi inciampa con continuità incredibile. Sulla tassazione dei Bot. Assicurò agli italiani che non avrebbe aumentato le tasse sulle rendite da capitale. Accusò di «terrorismo» la Cdl che lo incalzava. Per poi subito dopo precipitosamente smentirsi. Un passo in avanti e due indietro. Alcuni malignano su imposizione dell'ala radicale della sinistra. E alla fine la decisione di tassare i futuri buoni del tesoro al 19-20 per cento. Sempre in politica economica ancora nessuno ha capito cosa vorrà fare con la legge Biagi. La cambierà in superficie? Come vorrebbe Montezemolo. La abolirà? Come chiede la sinistra radicale dell'Unione. Per ora non si sbilancia e si contraddice a seconda della platea. Alla Cgil ha parlato di significative modifiche. A Vicenza con gli industriali di armonizzare gli effetti della flessibilità. Un buon inizio per uno che vuol far ripartire l'economia. E fosse solo la politica economica. Con gli Usa si è rischiato l'incidente diplomatico. Dichiarò che la nota del Dipartimento di Stato americano, inviata ai suoi cittadini in Italia per metterli in guardia delle tensioni sociali nel Paese, era ispirata da governo. Un brutto scivolone soprattutto per un ex presidente di Commissione Europea. E non contento telefona all'ambasciatore Usa a Roma per chiedere spiegazioni. Nuova gaffe. Un comunicato ufficiale del portavoce del Dipartimento americano che spiegava che si tratta di una normale procedura. Gaffe intercontinentali. Ma anche «cacio e pepe». Dichiarazione lapidaria: «Sto a Bologna, manco morto a Roma». Il tutto per spiegare la sua estraneità ai salotti romani esaltando la sua dedizione al lavoro. Un azzardo per chi vuole diventare presidente del Consiglio e deve risiedere a Roma. Ennesima retromarcia: «Ho fatto questa campagna elettorale per poter abitare a Roma». E come la mettiamo con la Tav? Sì, anche sullo sviluppo delle moderne reti di comunicazioni Prodi è scivolato. Erano i giorni roventi delle contestazioni in Val di Susa con i No global pronti a boicottare le imminenti Olimpiadi invernali di Torino. Evento unico nella storia. E Prodi che fa? Lancia la sua proposta. Bisogna operare con il «consenso del territorio, consultarsi con le realtà locali e poi decidere». In pratica un modo garbato per dire addio alla Tav. Imbarazzo degli alleati. La Cdl che si lancia all'attacco mentre l'area radicale sorride soddisfatta. Che fa allora il Professore? Ennesima inversione di rotta, nuova gaffe. La Tav si fa punto e basta. Perché? Prodi ha vinto le primarie ed è lui che decide il programma. Già, il programma, che però non contiene una parola sulla Tav. Solo qualche vago riferimento alle moderne vie di comunicazione. Due gaffes in una volta. Prossimo giro, prossimo strafalcione. Mentre Parigi brucia per la rivolta delle periferie, Prodi allarma tutti: «Parigi non è qui, ma se non agiamo per tempo, potrebbe non essere così lontana». È musica per le orecchie del centrodestra. È un inno alla rivolta, alla piazza. Prodi si schiera con l'antisistema. Pronta la retromarcia del Professore che accusa la Cdl di «strumentalizzare le sue parole» frutto, per lui, soltanto di «un'analisi