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LE tre punte della Casa delle libertà ormai si passano sempre più spesso la palla per cercare di andare in rete.

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Sicchè ieri dopo le critiche da Berlusconi sugli «errori dell'Udc» Casini ha replicato di «non voler fare polemiche» e che comunque «gli elettori non saranno contenti delle parole del premier». Questo dimostra che la strategia è cambiata. Ora sia Fini che Casini chiedono voti per il loro partito non più in una logica antagonistica al premier, ma nell'ambito di una sana competizione interna. Anche ieri il leader di Alleanza nazionale ha ipotizzato ad esempio una propria supremazia di voti dentro la coalizione. Ma lo ha fatto con toni non di sfida. «Se, come mi auguro, dalle urne Alleanza Nazionale avrà più voti di Forza Italia - ha osservato Fini -, in caso di affermazione del centrodestra a palazzo Chigi ci andrà il presidente di AN». Concetto che però il vicepremier ha subito chiosato, precisando che in ogni caso «Berlusconi è il leader della coalizione, in quanto presidente del Consiglio e in quanto leader del partito di maggioranza relativa». In sostanza un modo per giocare la propria partita nell'ambito di una competizione proporzionalistica senza per questo tirare calci negli stinchi al proprio principale alleato. Casini d'altro canto si dedica anche lui alla demolizione sistematica delle tesi programmatiche del centrosinistra, ma nello stesso tempo non concede più nessun credito a quanti evocano derive centriste post-elettorali. Escludendo a priori e in maniera netta ogni inciucio con la sinistra. «Il grande centro? - ha ribadito il presidente della Camera - Non esiste. È uno specchietto delle allodole. Che viene agitato dalla Margherita per prendere qualche voto moderato e portarlo a sinistra».

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