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Silvio, il nuovo Maradona «Ora salvaci tu»

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La Mostra d'Oltremare tappezzata di tricolori, i ragazzi con magliette e felpe azzurre che incitano il premier, e dovunque cori da stadio tipici della tifoseria partenopea. Per l'occasione c'era addirittura la «mascotte» del Napoli, un tifoso da sempre al seguito della squadra e della nazionale, quando gioca al San Paolo, che con il suo immancabile sombrero, la bandiera di Forza Italia sulle spalle e i piatti d'orchestra scandiva gli «olè» della folla. Era la Mostra d'Oltremare, sembrava lo stadio San Paolo. Nella moltitudine di persone c'è chi ha deciso di indossare la maglia del Napoli. E chi, adattando una maglia del Napoli, rigorosamente numero «10», ha stampato dietro il nome di Berlusconi. Sì perché lui è il capitano del tridente della Casa delle Libertà, il Maradona che accanto a Pierferdinando Casini, novello Bruno Giordano e Gianfranco Fini, novello Antonio Careca, il 9 aprile cercherà di vincere lo scudetto confermandosi alla guida del Paese. Le sue parole diventano «dribbling» nell'area di rigore per la folla, gli applausi quando accusa i magistrati di far fuori gli avversari politici un gol su punizione al limite dell'area, ed il boato che accompagna «Silvio», come ormai lo chiamano tutti, quando entra nella sala il tributo al capitano che scende in campo. E lui, il premier, non si sottrae a questo bagno di folla. Si concede come una star, prima di andare via, ai suoi «tifosi». Tutti cercano di fotografarlo. I telefonini, le videocamere volteggiano cercando di carpire un'immagine di «Silvio». Le donne ed i bambini si fanno prendere in braccio perché «vogliono vederlo, toccarlo anche solo per un attimo». Tante sono le mani che si protendono oltre la grata, che in alcuni punti rischia addirittura di essere sfondata, per stringere quella del premier. E chi ci riesce viene subito circondato: «Com'è la mano di Silvio. È liscia? È ruvida». «È liscia», ammette il fortunato. Ma c'è anche chi guardando al cielo dice: «Ho visto Fini, ora Berlusconi, posso anche morire in pace». Scene che da tempo non si vedevano, che riconciliano con la politica e che solo a Napoli e tra i napoletani puoi provare. Immagini da stadio, da tifo di curva e di cui Berlusconi aveva certamente bisogno e sapeva di trovare, come accadde nel '94 quando chiuse a Napoli la sua prima campagna elettorale. E la città di nuovo non lo ha deluso. Fin dalle prime ore del mattino è evidente la fibrillazione. Tutta l'area intorno alla Mostra d'Oltremare è «off limits», presidiata da migliaia di forze d'ordine. I varchi d'ingresso sono controllati e setacciati. Il traffico è intenso ma regolare, e alla fine si conteranno oltre 150 pullman provenienti da tutta la regione. Alle 10 già è tutto esaurito e la Mostra trabocca di gente. Ci sono persino alcuni sostenitori dei Verdi che cercano di inscenare qualche contestazione, ma oggi è un giorno di festa, e tutto fila liscio. Tra le migliaia di napoletani anche romani, inviati direttamente dai responsabili del Motore Azzurro a dare man forte. Distribuiscono le felpe azzurre con la scritta «Berlusconi for president» insieme alle bandierine italiane. Tra i depliant e gli opuscoli circola anche la seconda parte di «Una storia italiana», quella inviata a milioni di italiani nella scorsa campagna elettorale. Intanto con il passare delle ore la folla aumenta e il Padiglione 5, quello allestito per il comizio, strabocca di gente. Aprono addirittura un portellone laterale per permettere alle tantissime persone rimaste fuori di vedere il palco e di dare sollievo agli oltre quattromila che da ore attendono «Silvio». Anche l'altro padiglione si riempie. Nelle prime file prende posto lo stato maggiore del partito campano e della CdL insieme ai candidati delle liste al Senato e Camera. Berlusconi arriva. Dal palco delizia i suoi «tifosi». Attacca i magistrati, alterna stilettate a

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