«Opa» di Rifondazione sui Ds: «Basta neocentrismo»

Vi hanno aderito personaggi dello spettacolo, del mondo universitario, dell'arte e della letteratura, liberi professionisti, rappresentanti dei movimenti sociali e politici. In tutto circa 250 firme che invitano a votare Rifondazione e fanno riferimento al termine «sinistra europea». Un'«entità», quest'ultima, tratteggiata da Fausto Bertinotti nelle scorse settimane in occasione del varo della «carta dei principi» che prepara la strada alla «costituente» di giugno. Un'idea di aggregazione delle forze di sinistra che si contrappone nettamente a quella del partito democratico caldeggiato da Rutelli e Fassino. E l'adesione all'appello (pubblicato ieri su un'intera pagina del più diffuso quotidiano italiano - ed è emblematica la scelta del «Corriere della Sera» per dare risalto all'iniziativa) assume così il sapore di una critica alla parte più moderata della coalizione elettorale in favore di quella più radicale. In quest'ottica è spiegabile che il messaggio sia stato sottoscritto da persone come l'ex direttore del Manifesto Valentino Parlato (che alle primarie aveva invece espresso il suo orientamento verso Prodi) e da Rossana Rossanda (anche recentemente molto critica nei confronti del «compagno Fausto»), da «ortodossi» come Aldo Tortorella e Giuseppe Chiarante (tra i padri storici del Pci), da Marcello Cini, polemico verso Bertinotti fino alle ultime politiche. Oppure da già noti «simpatizzanti» di Rifondazione come Mario Monicelli, il regista del Costanzo Show (e autore di «Contessa») Paolo Pietrangeli, gli attori-registi Sergio Rubini e Ricky Tognazzi, il regista teatrale Maurizio Scaparro, l'architetto Massimiliano Fuksas, che però non sono iscritti al partito. Tra gli altri nomi conosciuti, citiamo poi il regista Antonio Capuano, gli attori Lorenzo Lavia, Piera Degli Esposti e Rocco Papaleo, il sociologo Domenico De Masi, il cantautore Patrizio Trampetti. Insomma, personaggi piuttosto eterogenei e non «organici» al Prc che sottoscrivono sull'ex «giornale dei padroni» un «paginata» preceduta da un testo indicativo: «L'insidia del condizionamento neocentrista sul futuro governo Prodi è molto forte. È scritta nelle proposte della Confindustria e dell'ala moderata della coalizione. E la sconfitta del centrodestra può ridursi alla pura alternanza di ceti dirigenti». Il timore è che fra il Cavaliere e il Professore (concesso che Romano vinca) non cambi la sostanza della politica governativa. Per Bertinotti e i suoi, infatti, il partito democratico è un «contenitore» eccessivamente moderato con una matrice socialdemocratica che guarda al centro. L'alternativa a questa «spinta neocentrista» è il partito della sinistra europea, caratterizzato dalla «radicalità» con cui si affrontano le questioni della pace e della guerra, del lavoro, della non violenza, dei rapporti con i movimenti, considerati una realtà importante della società. Una delle «novità» è che per far parte della sinistra europea non è necessario essere iscritti a un partito della sinistra italiana. E nemmeno essere comunisti. Infine, pochi giorni fa, con un intervento apparentemente «suicida» (in prospettiva del voto) e «revisionista», Bertinotti ha sottolineato come il nuovo soggetto politico debba puntare ad una «ricostruzuione della società con al centro non il lavoro ma i lavoratori, cioè le persone con le loro soggettività». Parole importanti per il leader di un'organizzazione che ha ancora come simbolo la falce e il martello. Pensieri davvero «rivoluzionari». Che potrebbero far guadagnare al «compagno Fausto» consensi dai radical-moderati ma allontanarlo dagli ortodossi che si affidano al Pdci di Diliberto e Rizzo per continuare a sognare un'Italia leninista.