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La sinistra teme i moderati, è tensione tra Diliberto e Rutelli

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Il leader Dl rilancia la riunificazione con Ds, Rifondazione e Verdi e boccia le manovre con i centristi

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Una paura più che concreta, a tal punto che ieri da Palermo lo stesso Oliviero Diliberto ha lanciato i primi segnali ad alleati e non: «Il grande centro? Ne penso tutto il male possibile». Tradotto, una vera e propria bocciatura anche al suo compagno di coalizione, Francesco Rutelli, che strizza sempre più l'occhio ai centristi dell'Udc. «Bisogna sventare queste manovre per mantenere il bipolarismo — ha aggiunto Diliberto — che è la condizione affinché la sinistra non sia espulsa dai momenti decisionali». A questo punto, il leader dei Comunisti italiani rilancia una riunificazione della sinistra che raggruppi oltre al suo partito, i Ds, Rifondazione comunista e Verdi. Dunque c'è fibrillazione nella coalizione guidata da Prodi. E non ha l'anima soltanto dilibertiana. Anche la Rosa nel pugno, infatti, tira i primi calci, bocciando innanzitutto il cosiddetto partito democratico: «Non ritengo che possa nascere dalla lista Ds e Margherita», afferma Enrico Borselli, spiegandone anche i motivi: «La Margherita ha scelto una strada legittima ma molto diversa da quella indicata, non solo a prevalenza cattolica, ma proprio in sintonia con le posizioni clericali. Quindi da lì il partito democratico non nasce». Stessa musica suona dallo strumento di Daniele Capezzone che più di altri vede lo spettro del grande centro: «È sempre più chiaro che Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini si muovono di conserva, come fratelli politici gemelli e intercambiabili». In sostanza, per Capezzone, «ormai, verrebbe da dire Pier Ferdinando Rutelli e Francesco Casini». Anche per i Verdi c'è lo spettro dell'egemonia dei moderati. Per bocca del coordinatore nazionale del partito, Paolo Cento, i Verdi aprono infatti le porte agli «elettori delusi dal centrodestra», ma le tengono «del tutto chiuse all'Udc di Pierferdinando Casini che vorrà mettere in campo, dopo il voto, operazioni di trasformismo politico». In parole semplici, per Cento, «Francesco Rutelli e la Margherita devono sapere che non c'è spazio per alleanze diverse da quelle che abbiamo presentato agli elettori né è pensabile di coinvolgere Casini e l'Udc con l'obiettivo di mettere fuori gioco l'area più radicale del centrosinistra. Ci vuole coerenza con il mandato elettorale e il programma sottoscritto e presentato agli elettori». Insomma, c'è Rutelli che da una parte invita l'Udc ad unirsi al centrosinistra dopo le elezioni. E, allo stesso tempo, c'è ancora Rutelli che, insieme ai Ds, vuole costruire il partito democratico. Sembrerebbero due progetti politici divergenti: da un lato una strizzatina d'occhio (poco ricambiata) al neocentrismo; dall'altro la costruzione di una forza politica di centrosinistra, nella quale - almeno in teoria - la farebbero da padroni gli eredi dell'ex Pci. In realtà, se invece, grattando la superficie, i due progetti sono meno alternativi di quanto appaiono. In altri termini, Rutelli sa che la prospettiva di dover creare un partito insieme ai Ds è oggi meno lontana di ieri. Tra i tanti sondaggi in campo c'è quello che traccia la differenza, sempre più sottile, tra la somma di Ds e Margherita al Senato e il risultato dell'Ulivo alla Camera.

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