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«Confindustria ha perso la sua autonomia»

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Il giorno dopo la votazione «bulgara» che ha ricompattato intorno a Luca di Montezemolo il sistema industriale, ancora scosso dal meeting di Vicenza, l'ex presiedente degli imprenditori decide di rompere il silenzio che durava da due anni, per spiegare le ragioni del suo «no» alla linea unitaria uscita giovedì in Giunta. «Da quello che ho letto oggi sui giornali — ha spiegato D'Amato — sembrerebbe che Montezemolo sia per l'autonomia di Confindustria e io per il suo schieramento in chiave politica. La verità non è questa. È bene che il vertice chieda alla Giunta il pieno sostegno ed è giusto che la Giunta lo conceda ad un presidente quando questi è in difficoltà. Ma è innegabile — chiosa D'Amato — che ci sia un reale disagio della base associativa che percepisce oggi Confindustria come poca autonoma. Nascondere questo disagio dietro una cortina di unanimismo fasullo è un grave errore». «Al di là degli schieramenti politici — attacca D'Amato — il problema è un altro: Confindustria deve rendersi autonoma rispetto ad alcuni interessi specifici, di alcune imprese che stanno portando avanti interessi di parte e che stanno condizionando la linea confederale». «L'autonomia - sintetizza - non è un concetto astratto ma un concreto modo di operare». «Per questa ragione, dopo due anni di silenzio — spiega — mi vedo costretto ad intervenire, perché essendo stata strumentalizzata la mia posizione all'esterno, è giusto chiarirla. Il grande patrimonio della Confindustria è la sua base associativa: è soprattutto importante rappresentarne l'autonomia, gli interessi e coglierne le tensioni e l'ansia di cambiamento che queste imprese esprimono. Credo che negarne le ragioni in questo momento in cui serve un grande rilancio in avanti per la competitività del Paese sia un errore che Confindustria non deve proprio commettere». D'Amato denuncia quindi «lo scollamento tra vertice e base che è una delle priorità su cui la Confindustria di Montezemolo deve confrontarsi, per recuperare una frattura che invece è stata giustificata all'esterno come esigenza di una migliore comunicazione».

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