Montezemolo scomunica Della Valle

È durata pochi giorni la gloria terrena di Diego Della Valle. Da icona dell'antiberlusconismo militante a uomo solo al comando il passo è breve, anzi brevissimo. Sabato «mister Tod's» gridava con le mani ad imbuto sulla bocca, seduto in prima fila al convegno di Confindustria, il suo «Vergogna, vergogna» all'indirizzo del Cavaliere. Quattro giorni dopo si è messo la coda tra le gambe e ha fatto dietrofront. Colpa del suo amico Luca Cordero di Montezemolo che, prima gli ha cortesemente chiesto, in osservanza al codice etico di Confindustria, di accomodarsi fuori dal direttivo di viale dell'Astronomia. Poi, è notizia di ieri, lo ha scaricato definitivamente. Certo, spiegando la scelta di Confindustria di chiudersi in silenzio stampa, il presidente Montezemolo non ha mai fatto riferimento all'amico (o forse sarebbe meglio dire ex) marchigiano, ma il messaggio è fin troppo chiaro. «Non ci facciamo tirare la giacca da nessuno - ha ribadito ieri Montezemolo -. Siamo orgogliosi della nostra autonomia e siamo contro ogni collateralismo. Così come non ci facciamo tirare troppo la giacca da solidarietà preelettorali che sono in ogni caso strumentali». «Noi - ha continuato - dobbiamo evitare discorsi che ci identifichino in uno o nell'altro degli schieramenti. Ma continueremo a parlare di contenuti, di progetti e del futuro del Paese». E per rendere ancora più chiaro il concetto, il numero uno di viale dell'Astronomia, si è concesso qualche complimento al lavoro fatto in questi cinque anni dalla Cdl. «L'alternanza politica non è e non deve essere un ribaltone istituzionalizzato, dove ogni 5 anni si cambia tutto, per non cambiare mai nulla nella sostanza del Paese. La riforma fallimentare, la Biagi e la Moratti non devono venir meno, ma devono essere sviluppate». Poi, alla fine della conferenza stampa, ha ribadito: «Noi lo ripetiamo sempre. Il collateralismo non lo abbiamo nel nostro dna. Non ci facciamo tirare la giacca da nessuna parte, nemmeno dalla solidarietà momentanea e preelettorale da parte di qualcuno». «E non ci piace - ha aggiunto parlando della posizione della Cgil - la logica del governo amico che è roba vecchia e non porta da nessuna parte. Noi non abbiamo bisogno di un sindacato ideologico, conflittuale, ma abbiamo bisogno di proposte che non abbiamo sentito al Congresso di Rimini. Dunque abbiamo bisogno di un sindacato moderno». In sintesi, Confindustria non accetta di finire sotto il manto protettivo dell'Unione che vorrebbe creare una sorta di «pax sociale» mettendo insieme imprenditori e Cgil, ergo non seguirà Della Valle. Per la verità che viale dell'Astronomia avrebbe finito per isolare il patron della Fiorentina lo si era già capito sabato quando nessuno aveva espresso parole di solidarietà nei suoi confronti. Qualche critica al Cav, ma per Diego niente di niente. Nei giorni, quello che era un presentimento, è diventato realtà. Se quindi Della Valle vuole trasformarsi nella «nemesi di Silvio» (come ha scritto ieri il quotidiano britannico Indipendent) o magari desidera entrare in politica con l'amico Mastella (che, secondo il sito Dagospia, lo vedrebbe bene come ministro del futuro governo Prodi), dovrà fare da sè. E lui, che fa? Per il momento sembra che Della Valle abbia scelto la strada del cane bastonato. Una sorta di «cornuto e mazziato». «Cornuto» sabato davanti alla platea di imprenditori che lo ha sonoramente fischiato, «mazziato» da Montezemolo che lo ha scaricato. Così martedì sera a Ballarò «mister Tod's» è sembrato un tenero agnellino in mezzo ad un branco di lupi. Anzitutto niente attacchi frontali nè iniziative legali nei confronti dell'uomo che lo accusato «in modo pesantissimo e preoccupante di cose assurde, inutili, diffamanti». Meglio recitare la parte della vittima. Di quello che riceve la telefonata dell'anziana madre preoccupata per «quegli scheletri nell'armadio». Di quello che deve spiegare al figlio cosa significa la parola comunista. Di quello che, come un'idealista d'altri tempi, ha scelto di scendere in campo contro «l'uomo più