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Preoccupazioni anche sul futuro del piano per le infrastrutture varato dalla CdL

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Ma i piccoli imprenditori non ci stanno

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È questa la preoccupazione che emerge nel parterre del convegno della Confindustria a Vicenza. Il titolo è accattivante «Concorrenza bene pubblico», un tema che ricorda il convegno di cinque anni fa a Parma, quello in cui Berlusconi stabilì una sorta di asse con gli industriali ottenendo un lasciapassare per il suo governo. Ma l'aria che si respira qui a Parma è diversa. Il presidente della Confindustria Luca di Montezemolo prima del convegno ha lanciato una dichiarazione che suona come un monito. «Non ci faremo tirare per la giacchetta da nessuno dei due schieramenti», ha detto. E suona come la consegna agli associati a mantenere un profilo basso, a non esporsi. Parlano però i piccoli o comunque coloro che si sentono più esposti da eventuali cambiamenti di politica economica. Così Giovanni Rana, patron della nota azienda alimentare, teme che con il centrosinistra «non ci sia quella promozione del made in Italy all'estero che è fondamentale per lo sviluppo del sistema Italia». Rana si dice preoccupato che l'Unione di Prodi possa svuotare la legge Biagi sulla flessibilità. «È una conquista per le imprese ma anche per i lavoratori. Le piccole e medie imprese hanno dei picchi produttivi che richiedono l'impiego di personale a termine. Inoltre l'occupazione flessibile consente a numerosi giovani di accedere al mercato del lavoro». E poi: «Bene quando Prodi dice di voler ridurre il costo del lavoro del 5 per cento ma poi ci deve spiegare dove si trovano i soldi. Insomma andiamoci piano con le promesse». Rana poi non ci sta al gioco al massacro contro Berlusconi. «Questo governo è intervenuto in molti settori a cominciare dalla riduzione delle tasse». Insomma non è vero come dice Montezemolo che ha fatto poco o nulla per la competitività delle imprese? «La diminuzione della pressione fiscale è stato un intervento che non si può definire irrilevante». Il tema della flessibilità è tra i più sentiti dagli imprenditori. Così Umberto Cabini, a capo della Icas, azienda leader in Europa per i cassetti delle farmacie, sottolinea che «la possibilità per le aziende di impiegare personale in più, in determinati periodi di maggiore produzione è fondamentale per tenere il passo con la concorrenza». Poi si dice preoccupato della possibilità che il piano delle infrastrutture avviato da Berlusconi, «con Prodi, vincolato dai Verdi e da Rifondazione, possa subire una battuta d'arresto». Timore anche che il centrosinistra non riesca a governare l'immigrazione. «Berlusconi ha messo dei paletti mentre nel precedente governo di sinistra il problema non era stato affrontato nel modo giusto». E in caso di parità alle elezioni? «Montezemolo potrebbe essere la carta giusta per uscire dall'impasse». La pensa così anche uno dei industriali di punta del settore dell'oreficeria, Gianni Salini. «Montezemolo in politica sarebbe interpretare bene le esigenze dell'industria. Sarebbe come Berlusconi». E poi: «Berlusconi ha messo d'accordo anime diverse nella sua coalizione, Prodi potrebbe dire lo stesso? Non penso». Per Susanna Ponzin della Geotech, tutte e due le coalizioni hanno il loro tallone d'Achille. «Sono gli alleati. Casini e Fini per Berlusconi e Rifondazione e i Verdi per Prodi». Roberta Gallana di Metalmeccanica Veneta, si dice delusa dalla politica sulle donne della Cdl ma, quanto a Prodi, teme che sia «ingessato dalle richieste di Bertinotti». Il fattore Rifondazione è una variabile che preoccupa anche Andrea Caron, a capo di un'azienda di macchine agricole. «Prodi non mi sembra affidabile. Abbiamo già visto quanto è durato al governo. La sua coalizione è rissosa e disomogenea». Ma c'è anche chi guarda all'esempio tedesco di una grande coalizione. «Chiunque vinca avrà una maggioranza risicata e litigiosa. Ci aspettiamo una sfilza di governi di breve durata. Per evitare questo rischio che il Paese non può permettersi meglio un governo di coalizione». L. D. P.

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