Gelo e mugugni per il Professore Applausi solo per il maggioritario
Nemmeno quando promette che il costo del lavoro sarà ridotto di 5 punti non riesce a strappare un applauso. Di fronte a circa 6.000 imprenditori assiepati nella grande sala congressi della Fiera di Vicenza per il convegno di Confindustria su «Concorrenza bene pubblico», Romano Prodi esegue una partitura che non entusiasma. Sembra una Confindustria diversa da quella di cinque anni fa quando a Parma si spellava le mani per scandire il discorso di Berlusconi. Ora il clima è di chi non crede più alle promesse, che non è disposto a firmare cambiali in bianco a nessuno, che non si lascia blandire. «Non accettiamo di farci tirare per la giacca e che all'interno di Confindustria ci siano dei partiti: c'e solo il partito degli imprenditori che investono. Dobbiamo essere tutti uniti», ha detto nella riunione di ieri della Consulta dei presidenti delle associazioni territoriali e di categoria il presidente di Confindustria Montezemolo. Il parterre tra cui figurano i big dell'imprenditoria segue con attenzione ma silenzioso le domande che 13 imprenditori seduti sul palco sciorinano al professore. L'esposizione di Prodi risulta piatta e monotona. E viene accolta con silenzio la promessa che «l'Irap sarà corretta ma non cancellata» anche perchè porta un gettito di 35 miliardi. «L'abbassamento del cuneo fiscale è già un passo in avanti affinchè il costo del lavoro pesi meno nel calcolo dell'Irap». Quanto alla riduzione di cinque punti del costo del lavoro Prodi ammette che «non è una cosa facile» e comunque «serve avere in mano la Trimestrale prima delle elezioni per avere la reale dimensione dello stato dei conti pubblici». E sempre in tema fiscale il professore sottolinea che l'obiettivo è di un fisco «neutrale, ovvero una fiscalità uguale per le rendite e il lavoro» e attacca la legge sul risparmio del governo Berlusconi: «Con i furbetti del qartierino sarebbe stata opportuna una buona tassazione». Il leader dell'Unione strappa un debole applauso quando dice che le direzioni in cui si muoverà l'Unione saranno «gli aiuti alla crescita dimensionale delle imprese e l'innovazione». Altro tema che sta a cuore agli industriali è quello della flessibilità del lavoro. Prodi rivendica la primogenitura delle forme di flessibilità al suo governo e poi afferma che semmai la priorità del centrosinistra è di «combattere il precariato sistematico». Come? Avvicinando il costo del lavoro precario a quello a tempo indeterminato «per non avere lavoro a tempo determinato in modo ripetitivo». In sala qualcuno mugugna. Il clima non si riscalda nemmeno quando dice che i conti pubblici «sono fuori controllo». Tant'è che, avverte, «serve una Maastricht interna per mettere sotto controllo le spese centrali e locali». Arriva quindi la domanda sul caso Enel-Suez e Prodi rilancia il tema del «rafforzamento delle imprese per evitare di essere prede e diventare cacciatori». Poi quella sul rapporto con i sindacati e lui rilancia la concertazione con a quale, sostiene, anche il caso del traforo della Val di Susa sarebbe stato risolto. Prodi striglia gli imprenditori sulle liberalizzazioni, per le quali, dice, si sarebbe aspettato un intervento più forte. E annuncia un rafforzamento delle Authority che «in questi cinque anni sono state umiliate» e la crezione di una Authority delle reti. Arriva a promettere un viceministro per le piccole e medie imprese. Il Professore affronta anche il tema del nucleare e dice che la linea è di «continuare la ricerca ma non avviare la costruzione di nuove centrali». Bisogna invece «continuare la trasformazione delle centrali a carbone» e si dice favorevole alla prosecuzione dei lavori della centrale Enel di Civitavecchia. Quanto al costo dell'energia il professore promette che in cinque anni «sarà ridotto del 20%». Il leader dell'Unione individua quindi nel sistema dei distretti la formula per far crescere le imprese. La platea lo segue attento in silenzio. L'applauso è per la legge elettorale. Prodi dice chiaro e tondo che farà di tutto per tor