«Italiani abituati a duelli senza regole»

Il confronto all'anglosassone ci annoia, «imbalsama» i contendenti, riduce in «nano-frammenti» l'esposizione dei due avversari. Ma la maggior parte dei corrispondenti esteri che lavorano in Italia pensa che il «duello tv» con regole rigide, sulla falsariga di quelli americani, abbia funzionato. Certo, era la prima volta. È per gli italiani, diseducati ormai da anni di ibridi talk-show, programmi conditi da urla, volgarità e prevaricazioni, «contenitori» in cui il professore universitario risulta spesso meno efficace della soubrette di turno, è stato quasi uno shock. «Gli italiani non sono abituati a questo tipo di confronto e poi sono più passionali degli anglosassoni, si interrompono l'uno con l'altro e non si esprimono in modo conciso come gli americani - sottolinea Sabina Castelfranco, corrispondente della Cbs - Il faccia a faccia è stato comunque di una noia mortale e non so fino a che punto potrà influire sul voto degli indecisi. Sicuramente Berlusconi non ne è uscito bene. Ma tutti e due i contendenti hanno parlato poco o niente di temi importanti come la politica estera e la giustizia. E la colpa è dei giornalisti che facevano le domande». Per Peter Popham, dell'Independent, la formula «ha funzionato», soprattutto per essere al suo debutto. «È meglio così e poi, come ha detto Prodi, non sono mica ballerini e non era un incontro di boxe - spiega - Per noi la cosa strana qui in Italia e che, in programmi come Porta a Porta o Ballarò, i politici urlano, non sono sobri e sfuggono alle domande. Secondo me, non è stato neanche noioso e si è visto chiaramente che a Berlusconi non piacevano le regole ed era costretto ad accettarle suo malgrado. Il secondo confronto penso che sarà più interessante. Il premier si preparerà meglio. In ogni caso, credo che dovessero parlare più del futuro del Paese e non solo del suo passato. Non sono stati affrontati i temi concreti ed è senza dubbio mancata la passione. Questo ha reso il duello più noioso». David Willey, della Bbc radio, è dell'opinione dei colleghi. Però è più critico: «Il ruolo del moderatore si è ridotto al controllo dei tempi, peraltro non rispettati neanche dai giornalisti in studio. La malattia di giornalisti e politici italiani è naufragare in un mare di parole: ci vorrebbe qualcuno che li aiuti nella navigazione. Comunque un dibattito senza urla è già un passo in avanti. Noia? Non è questo quello che conta. Mica era un programma d'intrattenimento! Agli italiani non piacciono le regole e adorano invece il melodramma. Ma in questo caso il melodramma era fuori luogo. E poi spesso la verità è noiosa. Allora per questo non andrebbe detta?»