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Insulti e offese, una politica da urlo

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Quelli che distinguevano partiti e coalizioni, quelli che ai confronti elettorali facevano promettere meno tasse per tutti, un milione di posti di lavoro, il potere ai lavoratori e la lotta a chi evade il fisco, farmaci gratuiti e un piccolo sacrificio in cambio di entrare in Europa. Scontri sulle cose da fare, promesse quasi mai mantenute, ma che dividevano e facevano discutere nei bar, in piazza, negli uffici. Quella di questi mesi invece sembra una campagna elettorale che si basa quasi esclusivamente sugli insulti. E alla vigilia del primo confronto televisivo tra Prodi e Berlusconi non è certo incoraggiante. Di programmi si parla poco, non c'è un'idea centrale capace di mettere in moto ragionamenti e di appassionare. In compenso si offende e si urla molto. Da una parte e dall'altra. Una deriva politica che ha fatto preoccupare anche il Presidente della Repubblica che poco più di un mese fa, l'11 febbraio, ha richiamato i Poli a «un confronto elettorale che si mantenga sempre nei limiti di reciproca correttezza». Parole che richiamavano quelle già pronunciate un mese prima, con la stessa preoccupazione. Ma il bilancio dell'appello del Capo dello Stato, a scorrere le dichiarazioni politiche degli ultimi mesi, non è certo esaltante. Iniziando dalle ultime polemiche sul ministro della sanità Francesco Storace, già condannato dalla sinistra come «spione» e mandante di spioni. Ma non ha fatto certo meglio la Cdl con il caso Unipol, bollando Fassino e D'Alema con le peggiori accuse, dipingendoli come mandanti di loschi affaristi ai danni di ingenui soci di cooperative. Ma più spesso il confronto è scaduto su insulti personali, nel migliore dei casi scomodando anche i personaggi di Walt Disney. Ha iniziato Prodi, rispondendo a Fini che, il 23 febbraio, lo aveva accusato di essere «patetico e poco coraggioso». «Io trovo invece patetici Qui, Quo e Qua — ha replicato — Ma sì quelli come Tajani e tutti gli altri che difendono Zio Paperone/Berlusconi. E ogni volta che uno fa un'affermazione poi ci sono loro a intervenire». Velenosa la replica proprio di Tajani, arrivata a stretto giro di agenzie: «Almeno Qui, Quo e Qua sono simpatici e poi sono sempre meglio della Banda Bassotti. Ogni riferimento è puramente casuale...». E ancora: «Così almeno abbiamo scoperto che l'unica lettura alla quale Prodi sta attingendo per il proprio programma sono le avventure di Paperino». Le capacità letterarie di Prodi devono stimolare particolarmente la fantasia degli esponenti della Cdl perché il ministro Calderoli, il 31 gennaio, prende di mira Romano Prodi spiegando che «sapere che Prodi ha sottoscritto in piazza la proposta per indire un referendum sulla riforma costituzionale è una buona notizia, perché per lo meno testimonia che sa scrivere». Certo neppure il Professore scherza in quanto a insulti: negli studi della Tv La7, il 27 gennaio, attacca Berlusconi con un «oramai mi aspetto che vada a fare delle telepromozioni, forse lo vedremo anche vendere tappeti». E lo stesso giorno il presidente dei Ds massimo D'Alema si lascia andare a un commento ancora più perfido nei confronti di Berlusconi: «Io sono invecchiato, ma quello là è completamente finto. Ma viene conservato in qualche teca?». Neppure Mastella disdegna di scendere sul piano dell'offesa personale: «Berlusconi oggi è come il Maradona degli ultimi anni a Napoli. Non più quel fuoriclasse che faceva vincere tutte le partite ma un giocatore con la pancia, drammaticamente penoso». E a proposito del confronto tv tra i due leader il presidente dei senatori di FI Renato Schifani offre una prova non certo da ricordare: «Prodi è un coniglio, ha paura di confrontarsi con Berlusconi. È un coniglio e i conigli non possono governare il Paese». A gennaio la sfida tra i due leader diventa «psichiatrica». Inizia Berlusconi: «Prodi ha continui attacchi di panico». Replica dell'ufficio stampa del Professore: «Il premier si vada a leggere la voce "identificazione protettiva" in un qualunque dizionario di psicanalisi. Si tratta di una sindrome che porta

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