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di SUSANNA NOVELLI UN CAFFÈ caldo e spremute di frutta accolgono decine di ospiti ...

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Ma, soprattutto, si aspetta Francesco Storace. Che ha scelto la platea femminile per il suo primo intervento pubblico, non previsto ufficialmente, da «ex» ministro. Una scelta azzeccata, perché la platea, quasi tutta rosa, ha salutato Storace con una «standing ovation» che neanche Fini ha ricevuto. Prende posto in prima fila, Storace, con la lettera di dimissioni ancora fresca di consegna, si siede vicino al sottosegretario Cesare Cursi, dopo aver scambiato qualche parola con Giulia Bongiorno, avvocato penalista candidata alla Camera per An. Soltanto dopo, dal palco, Storace confessa scherzando di averla «prenotata». Lei ricambia dispensando consigli legali direttamente dal palco. E sì, c'è posto anche per scherzare, prima con Fini, poi con il sottosegretario Silvano Moffa, seduto forse non casualmente proprio vicino a Storace. Si tratta però di quel tipo di battute che sanno di amaro. Un'amarezza che seppure non detta con le parole si percepisce nei mille sguardi di dirigenti e militanti, presenti alla convetion ma che passeggiano fuori del salone. Un'amarezza che si avverte nella commozione dello stesso Storace, costretto ad interrompere il suo intevento per due volte. «Sono giornate di grandi emozioni - dice dal palco - anche belle, come quelle che si vivono qui. Il presidente Berlusconi mi aveva chiesto di non dimettermi ma io sono un uomo di destra. E per un uomo di destra è più importante l'onore di una poltrona. Sappiamo bene - affonda Storace - chi fa i dossier e sappiamo pure chi li sbianchetta». È inevitabile, nel giorno delle dimissioni del ministro alla Salute, che la vicenda dello spionaggio politico diventi il filo conduttore di un incontro che segna innanzitutto il riscatto di un intero partito. Un clima sottolineato dallo stesso Fini nel corso del suo intervento. «Chi si aspettava di trovare un partito sulla difensiva - sottolinea il presidente di An - è rimasto deluso. Per mettere in difficoltà la destra italiana ci vuole ben altro che uno schizzo di fango. È la nostra comunità ad essere colpita, non Francesco Storace». E tutto il partito risponde. «La destra romana non si farà processare dalla sinistra - afferma Alemanno - dimostreremo la nostra buona fede, le nostre mani pulite, respingeremo con il voto degli elettori questi metodi di matrice leninista e totalitaria di una gestione del potere che loro, non noi, dimostrano di avere». Affonda dunque anche il leader della destra sociale che ritrova in quello che fu il suo antagonista nel Lazio, un amico. Storace ed Alemanno, infatti, si salutano, si abbracciano e si appartano a fine convegno per parlare forse delle reciproche vicissitudini. E nonostante si voglia tenere basso il tono delle polemiche, si approfitta per lanciare qualche frecciatina. Piccola ma avvelenata. Mascherando l'attacco sulla rappresentanza femminile, Storace non resiste: «Abbiamo compreso, grazie alla tenacia di Fini che c'è un problema di rappresentanza femminile, non per chi però ha un cognome storico del quale abusa». È Fini, però, a riportare ordine in una battaglia da combattere «non solo e non tanto con le emozioni ma con la ragione», non senza aver lanciato a sua volta una freccia che pesa come un macigno. «È la magistratura, a questo punto a dover dare prova di non essere faziosa, facendo chiarezza in tempi ragionevoli su questa vicenda. Noi - ribadisce Fini - attendiamo che la giustizia faccia il suo corso, anche se non sfugge come certe congiutture siano quanto meno sospette». Intanto Storace «cerca lavoro» e si rivolge alla direttrice del giornale di An, Flavia Perina: «Da lunedì, se vuoi, torno a fare il giornalista».

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