«Quei carabinieri sul pianerottolo... È un nuovo '48»
È certamente scoraggiato Giano Accame, storico, intellettuale di destra che piace anche a sinistra, ex repubblichino. Accame è stato il direttore del Secolo d'Italia, nell'era rautiana: Francesco Storace, allora almirantiano, era all'«opposizione interna» nel giornale. Poi il mondo cambia, gira e, pur mantenendo la sua indipendenza, è diventato una sorta ideologo della destra sociale e in particolare proprio del mondo storaciano. Suo figlio, Niccolò, per giunta, è l'uomo ombra del ministro della Salute. Giano non vuole parlare. Poi si lascia andare. Che effetto le ha fatto l'inchiesta sul watergate all'amatriciana? «Mi pare la definizione migliore di tutta questa vicenda. Una storia grottesca. Sarebbe da ridere se non fossimo a meno di un mese dalle elezioni. Quello dei magistrati è diventato un intervento tempestivo». Che fa? Parla come Berlusconi... Proprio lei. «Devo dire che quando Berlusconi parlava di una magistratura che interviene nelle vicende della politica, io, proprio io che sono stato scettico sulle sue affermazioni, oggi comincio a ricredermi». Qual è la sua idea sull'inchiesta e su quanto sta accadendo? Che effetto le ha fatto vedere vcoinvolto suo figlio? «Dell'inchiesta non dico nulla perché non so nulla. Tutto quello che le posso dire è che, seppur non sia molto impressionabile, mi ha fatto un certo effetto trovarmi otto carabinieri sul pianerottolo e poi in casa alle sei del mattino. Mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo». A quando? Che cosa le è venuto in mente? «C'è stato un tempo in cui si lottava per difendere la vita, la libertà, i beni». Siamo tornati all'immediato dopo guerra? «Ecco, dire che sia la stessa situazione mi pare davvero esagerato. In questo momento sta parlando lo storico. E lo storico però inizia ad avere qualche perplessità». Che elezioni sono queste? Siamo tornati a un nuovo '48? «Direi di sì. Anche allora la battaglia fu così. I toni erano questi, sembrava tutto una questione di vita o di morte. Ma, come ho detto, vita, libertà e beni erano davvero in pericolo. Oggi non mi sembra». E allora perché siamo a un tale livello di asprezza in questa campagna? «Il risultato è incerto. E poi non c'è politica, e quando manca la politica è facile finire agli insulti. È una campagna sul niente a palle di merda». Ma è stato così anche l'anno scorso. Ci stiamo abituando a campagne elettorali senza esclusioni di colpi? «La Regione Lazio con Badaloni non esisteva. Storace l'ha fatta salire agli onori della cronaca al pari della Lombardia. Per la sinistra era troppo importante vincere qui. E s'è visto». F. D. O.