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L'ira di Storace: «Quando tocca a lui, vuole essere aiutato» La scelta di dimettersi per «evitare le strumentalizzazioni»

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Chiamano per chiedere soccorso quando Berlusconi è attaccato dai giudici. Quando capita a noi, silenzio». È amareggiato Francesco Storace, quando a sera tira le somme di una giornata intensa. E alla fine, il boccone peggiore lo deve ingoiare con un sorriso lievemente triste. Un boccone cucinato da Berlusconi: «Oramai è chiaro che Silvio si è schierato con la Mussolini. Sbaglia, se ne accorgerà», commenta il ministro della Salute. Già, Storace è ancora ministro. Lo sarà ancora per qualche ora perché oggi stesso rassegnerà il suo mandato. Gli ultimi adempimenti e poi lascerà il dicastero. Ma il gelo che scende con il principale alleato è evidente. A sera, infatti, gli esponenti di Forza Italia che si sono pubblicamente espressi a favore di Storace sono appena otto, dei quali di peso solo Cicchitto. Un gelo che si scioglie leggermente in serata, quando Berlusconi rilascia una dichiarazione diplomatica. La giornata del ministro era cominciata di primo mattino, con la lettura dei giornali. E le nuove rivelazioni sul caso. Si chiude nella sua stanza al ministero, nella quale entrano solo pochi fedelissimi. Il sottosegretario Cesare Cursi, per esempio: «Storia assurda, il responsabile delle liste della Mussolini ha patteggiato la condanna a un anno e sei mesi. Dunque, ha già ammesso che quei documenti erano falsi. E gli accertatori hanno avuto sanzioni amministrative, i magistrati di Milano non sanno nulla?». O Carmelo Briguglio. E gli uomini dello staff, a cominciare da Niccolò Accame. Storace è abbattuto, sconvolto, sconcertato. Appare come un pugile suonato. Si esamina la situazione, i possibili risvolti giudiziari. Arriva anche il consiglio di un avvocato. Briguglio prova ad abbozzare una risposta: «Il 13 febbraio scorso a Matrix durante il dibattito televisivo Fini-D'Alema, a proposito degli avversari dell'allora governatore del Lazio, il presidente Ds si fece sfuggire un'inequivocabile «quello che abbiamo trovato indecente è che Storace li facesse spiare attraverso metodi illegittimi». Come faceva D'Alema - si domanda l'esponente di An - quasi un mese fa a sapere dell'inchiesta giudiziaria? È un fatto inquietante che occorre accertare. Chi e perché lo informò? Erano armi improprie fornitegli per il confronto televisivo con il leader di An? Lo vogliamo sapere». Antonio Pezzella, un altro deputato fedelissimo del ministro, viene raggiunto via telefono e insiste: «È incredibile, appena è venuta fuori la notizia dell'inchiesta tutta la sinistra è partita con una pioggia di dichiarazioni. Tutte dichiarazioni uguali. Ma avevano i comunicati stampa pronti nel cassetto?» «Ragazzi, siamo arrivati alle intercettazioni sui giornali - spiega uno Storace ormai rassegnato ai suoi - È una campagna, andrà avanti fino al 10 aprile». Così, alza il telefono e chiama Gianfranco Fini: «Vediamoci». I due si amano e si odiano, sono stati uno l'ombra dell'altro e uno la spina nel fianco dell'altro. Decidono di incontrarsi in una sede privata, evitano le istituzioni. Si vedono a mezzogiorno a via della Scrofa, sede di An. Fini, si sa, è un freddo. Ma stavolta parla all'amico: «Come ti senti?», gli chiede. Parlano per due ore, ma Storace è convinto: «Gianfranco, non voglio fare una campagna elettorale sentendomi dire che sono un imbroglione. Non voglio danneggiare An, mi dimetto». Il leader di An prova a dissuaderlo, poi cede. Assieme chiamano Silvio Berlusconi e gli comunicano la decisione. Storace lascia via della Scrofa. È un'altra persona, torna lo Storace di lotta e di battaglia. Decide di diffondere una nota con la quale comunica che si dimetterà oggi «per evitare le strumentalizzazioni della sinistra». Poi è un fiume in piena: «Voglio affrontare questa vicenda da privato cittadino e non dietro il mandato da ministro». Difende i suoi: «Mi fido ciecamente dei miei collaboratori». Attacca la sinistra: «Noi siamo un'altra razza rispetto ai nostri avversari politici. Si sono offesi quando abbiamo aperto il fango di Unipol, hanno proclamato la loro estraneità alla questione: scandaloso!

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