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Il Cav: «Ci attaccano? Più voti

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A Prodi ormai tremano le mani»

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Tutti ostentano una certa sicurezza, si scherza, c'è chi ride. Ma in realtà pensano tutti alla stessa cosa: l'editoriale di Mieli che ha schierato il più importante quotidiano italiano con il centrosinistra. Arriva Giorgio La Malfa, è stato lui l'«ufficiale di collegamento» in tutti questi mesi con il salotto buono. Tanto che nella Cdl c'è ancora qualcuno che lo considera una sorta di «infiltrato» del mondo Fiat. E così, quando arriva, il ministro delle Politiche Comunitarie è subito accerchiato: anche gli altri ministri vogliono sentire che cosa dirà dopo l'attacco frontale che arriva proprio dagli ambienti a cui il leader repubblicano è vicino. Corrono da lui, per capire che dice, che cosa pensa. E La Malfa spiega, prova a spiegare: «Be', vedete. Quella di Paolo Mieli è una posizione che va interpretata. Innanzitutto, ha scritto che è "opportuno schierarsi con il centronistra", non necessario. Il suo è quasi un consiglio, non è perentorio. È più una dichiarazione che un atto sostanziale». I suoi colleghi lo guardano un po' perplessi: «Ma sì, leggete bene quello che ha scritto - insiste La Malfa -. E soprattutto quello che non ha scritto. È vero, Mieli spiega che è insoddisfatto del governo e preferisce il centrosinistra. Ma non ha detto "Prodi", mai citato. A me sembra invece che quell'articolo contiene un'unica certezza: la partita è ancora aperta. Il direttore del Corsera ammette che l'esito del voto è ancora incerto». Gli altri lo ascoltano, quelli di Forza Italia sono quasi ammutoliti. Il socialista Stefano Caldoro prova a rompere il ghiaccio: «Sì, in effetti Mieli ha detto quello che già tutti sapevamo». Arriva Gianfranco Fini, arrivano altri di An. Ma il vicepremier spiega il suo pensiero e ripete le parole che ha già affidato a una nota che ha fatto diffondere. Fini ha un feeling con Mieli. Non da oggi. Sa che il direttore del Corriere della Sera lo sostiene, sa che è in parte ben voluto dal salotto buono. Ma sa anche che una frasetta leggermente fuori posto farebbe saltare la coalizione. Per questo, il leader di An si limita a dire che «le profferte di via Solferino sono solo per dividere la Casa delle Libertà». Compare Gianni Letta, un sorriso per tutti. Si va nella sala del Consiglio e si comincia, Berlusconi non si fa vedere, presiede Fini. La riunione dura solo qualche minuto, il tempo di approvare il decreto per le amministrative. Così, tutti vanno via con un dubbio: «Ma Silvio che cosa ne pensa di tutto quello che sta accandendo?». E Berlusconi non si svela per tutto il giorno. Ma riceve diversi esponenti di Forza Italia. E con loro si lascia andare. Rincuora tutti: «I nuovi dati dei sondaggi sono molto positivi. Secondo gli americani ormai il vantaggio si è stabilizzato, siamo un punto sopra. E anche per l'altra società, quella italiana (Euromedia, srl) siamo praticamente pari». D'accordo, domanda qualcuno, ma questa storia del Corsera? «Ci porterà voti, vedrete. Più ci attaccano e più recuperiamo. Più appare che non ci vogliono far vincere e ci aggrediscono, più la gente si schiera con noi». Ma il pallino di Berlusconi in queste ore è un'altro: stanare Prodi. «Dobbiamo insistere sul fatto che scappa, per lui sarà la fine. Avete visto che gli tremano le mani?». F. D. O.

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