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I partiti hanno presentato qui molti esterni

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Le parole della politica suonano in modo diverso, ma il risultato è quello: una volta chiuse le porte del Parlamento salvare o meno chi ha lavorato per il territorio è diventata, per i partiti, una questione assolutamente secondaria. Ed è questa la logica che ha fatto dell'Abruzzo la nuova colonia. Soprattutto nel centrodestra. Ogni partito ha i suoi, di paracadutati, e non sono soltanto quelli d'immagine, i Berlusconi, i Fini, i Prodi che, già si sa, accetteranno in altri collegi. Il problema sono gli altri, quelli che piombano ad occupare posti sicuri in zone sicure: da un punto di vista formale sono uomini di profilo anche alto, che hanno seriamente lavorato per il partito e che oggi portano la loro cambiale all'incasso; dal punto di vista dell'elettorato locale degli egregi sconosciuti che andranno a sedersi in Parlamento con lo scudetto dell'Abruzzo, per poi fare gli interessi altrui. Non sarà facile, in una terra che di suo soffre già di un campanilismo diffuso, far capire il senso «politico» di queste elezioni, la ragione dei partiti che tornano in primo piano. D'altra parte, sono i politici stessi che, per primi, hanno difficoltà ad accettare quello che vivono come uno sradicamento. Lo dimostrano le parole che i giovani di An usano per la pesante fronda interna alla candidatura di Marcello De Angelis, direttore di Area, uomo molto vicino al ministro Gianni Alemanno. Prima bollano il loro compagno di partito come «illustre sconosciuto della politica» poi aggiungono che «La provincia di Pescara che da circa trent'anni ha avuto ininterrottamente un parlamentare della destra si troverà per la prima volta priva di rappresentanza politica in Parlamento, la Provincia di Chieti ha un senatore uscente che non è messo nelle condizioni di essere rieletto». La pressione rientra all'indomani del deposito delle liste con un glaciale «siamo a disposizione». Le radici aquilane di De Angelis, che vanta un nonno illustre e una residenza ancora nel capoluogo, sono belle che sepolte dall'ondata polemica. Anche alla Camera la presenza di Teodoro Buontempo è vista con meno tolleranza di quello che la superficie lascia trasparire: a lui, che è politico di razza, che dall'Abruzzo non si è mai veramente staccato e che, soprattutto, è coordinatore regionale troppe rimostranze non si possono fare. Buontempo ha garantito che al momento di optare sceglierà per la sua terra natìa. Non è stato festeggiato con un applauso. Problema analogo in Forza Italia dove Sabatino Aracu sarà, con ogni probabilità, l'unico candidato locale a tagliare il traguardo, stretto com'è tra Elio Vito (secondo in Abruzzo e in Campania) e Giovanni Ricevuto, altro catapultato illustre e non ben visto dagli azzurri locali. Che però mantengono la polemica sotto il pelo dell'acqua, dopo lo scotto pagato alle regionali con la querelle Salini. Già, Salini. Stavolta il senatore già Dc ed Fi per candidarsi ha scelto l'Udeur e ha agitato un po' di acque nel centrosinistra: sono stati lui e il consigliere comunale di Pescara Carlo Costantini, transitato dalla Margherita all'Idv a sciupare un po' le penne a una coalizione che vuole presentarsi a tutti i costi unita e vincente. Così le situazioni di pericolo se le sono risolte prima di presentarsi in Corte d'Appello. Ma il malumore continua a serpeggiare, quieto quieto, soprattutto tra qualche illustre trombato che da mesi, ormai, aveva già messo il cappello non solo sulla candidatura, ma anche sullo scranno di Montecitorio. Amarezze irrisolvibili, vedremo. Salto di barricata, e si torna all'Udc, dove non piace la riconferma di De Laurentiis, che ha lavorato, e tanto, ma non è abruzzese, dicono, e brucia il «taglio» dell'ex assessore De Matteis, per far posto a Vito Domenici, transuga da Forza Italia. Questa prima campagna elettorale con le nuove regole sarà, per una regione come l'Abruzzo, un banco di prova molto severo: la politica si misura con il localismo accentuato, la campagna elettorale non è più legata ai

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