Ecco Formigoni

Il ritorno sulla scena nazionale del governatore della Lombardia, non sarà transitoria, non sarà come una semplice affacciata dalla finestra. Formigoni punta chiaramente alla poltrona di numero due del partito. Tanto più che ieri Berlusconi ha ribadito che resterà in Lombardia. Una volta eletto al Senato Formigoni dovrà comunque optare per rimanere alla presidenza della Regione lasciando Palazzo Madama. «Formigoni ha chiesto di essere candidato, di partecipare direttamente ad una battaglia così importante e Forza Italia ha deciso di accettare questa proposta» ha spiegato il premier. Queste parole sono un buon viatico per qualcosa di più grande. E gli altri che già puntavano a quella «carica» non sono molto decisi a farsi da parte. Anzi. Le elezioni, comunque vadano, segnano una sorta di spartiacque tra la «prima era Berlusconi», in cui il partito si è identificato di fatto con il premier, e la «seconda era Berlusconi», in cui il fondatore dovrà dare l'investitura a chi erediterà Forza Italia. Anche se il Cavaliere si sente ancora un ragazzino, i suoi 70 anni pesano e anche lui è consapevole che come per il suo impero mediatico, così per il «regno» politico occorre preparare la successione. Gli uomini «forti» del partito sanno che un avvicindamento alla leadership di Forza Italia non avverrà per un rovesciamento di Berlusconi ma per sua diretta investitura. La gara per accreditarsi e presentarsi al Cav con le carte in regola è già iniziata. Il polverone scatenato da Formigoni è stato il segnale di avvio. Non è un caso che ieri il governatore abbia presentato un manifesto sulla competitività realizzato da un Comitato del quale fanno parte imprenditori, banchieri, economisti. Il manifesto comprende proposte a favore della competitività e la Regione ha deciso di sostenere con investimenti i progetti che vanno in questa direzione. Complessivamente, in un anno, la Lombardia stanzierà e convoglierà un miliardo di euro. Formigoni ha anche annunciato che dopo le elezioni la giunta regionale porterà in consiglio la nuova proposta di legge sulla riforma del mercato del lavoro in cui si coniugano maggiore flessibilità e più garanzie perchè «la legge Biagi ha portato risultati positivi a livello nazionale». Basta scorrere queste dichiarazioni per rendersi conto che Formigoni intende presentarsi come un leader politico a tutto tondo capace quindi non solo di porsi come riferimento dei riformisti cattolici e liberali ma anche del mondo produttivo. E sempre ieri ha dato alcune indicazioni di politica economica come quando ha parlato di federalismo fiscale per far sì che «le risorse fiscali versate dai lombardi rimangano sul suolo lombardo e non si disperdano altrove». Formigoni può contare sull'appoggio di Comunione e Liberazione e del mondo cattolico. Tra i suoi fedelissimi conta l'europarlamentare Mario Mauro, il deputato Mario Lupi, il sottosegretario Maria Grazia Sestini e l'azzurra Valentina Aprea. Ma Formigoni nelle sue mire dovrà vedersela con altri grossi calibri che ambiscono a prendere l'eredità di Forza Italia. In particolare sul fronte economico ha un rivale di razza che è il vicepremier Giulio Tremonti. È dal suo rientro nel governo, dopo la parentesi di Siniscalco al ministero dell'Economia, che Tremonti ha coltivato l'anima politica accanto alla vocazione economica. Il vicepremier ha avuto il merito di aver risolto a Berlusconi partite difficili come una Finanziaria fatta nel giro di una settimana mettendo a tacere il tradizionale gioco al rialzo dei vari ministri e un programma, anche questo scritto in tempi record e accettato dagli alleati di governo. Non solo. Ha anche ripulito l'immagine italiana a Bruxelles convincendo la Commissione della validità della manovra di risanamento dei conti pubblici. Insomma tutti questi equivalgono a dividendi presso Berlusconi che prima o poi Tremonti vorrà riscuotere. A questo si aggiunge il credito che il vicepremier vanta presso il mondo economico con il quale è a stretto contatto come presiden