Fini: «Più comunisti nell'Unione che in Urss»
Il presidente di An Gianfranco Fini per aprire la campagna elettorale sceglie Latina perché, «non se ne vogliano le altre province, ma questa città è la più importante per il Lazio e per An» e incassa il primo dei trentuno calorosi applausi che un affollatissimo teatro D'Annunzio riserva al pur sempre «distaccato» leader di An nonchè ministro degli Esteri. Sul palco il sindaco di An Vincenzo Zaccheo, il senatore Riccardo Pedrizzi, candidato numero due nel collegio Lazio 2 alla Camera che tanto ha fatto per «questo partito con profonde radici nel sociale che non rinnega», il ministro della Sanità Francesco Storace che nel suo breve intervento afferma con decisione che «la Destra al governo non è stato un incidente della storia, ma l'abbiamo costruita in 50 anni, ha rappresentato e rappresenta la modernità». E c'è il convitato di pietra, Romano Prodi sul quale non mancano le battute, prima quella del solito Storace: «Sbarriamo la strada all'unico pollo che fa male». La seconda è di Fini che, da statista, parla a braccio per un'ora: «Votare la sinistra significa tornare indietro, Prodi è una minestra riscaldata, Prodi è più noioso del Festival di Sanremo». Poi il leader snocciola alla platea, c'è anche donna Assunta ad applaudire quello che fu il pupillo di Giorgio Almirante, tutti i buoni motivi per non votare la sinistra: «oggi l'Italia è un paese rispettato a livello internazionale perché quando prende un impegno lo mantiene, non torniamo all'italietta, al Paese di mandolino, pizza e spaghetti. Non dimentichiamo che Prodi andò a casa proprio su una questione internazionale». Il ministro degli Esteri non cita mai l'ultimo alleato della coalizione, Alternativa Sociale di Alessandra Mussolini, ma sottolinea che «Prodi è nervoso e incapace di fare come Schroeder: ed è inutile che guardi la pagliuzza nel nostro occhio e non la trave nel suo. Ci sono più falce e martello nella sua coalizione che in tutto l'impero sovietico. Bertinotti, Diliberto sono quella sinistra radicale in grado di condizionare Prodi, e ancor più lo sono i «cocomeri»: i Verdi. Il vicepresidente del Consiglio ha parlato del problema immigrazione sottolineando come «a Bruxelles si guarda alla legge sull'immigrazione italiana come a un modello», frecciata alla toghe e al corto circuito con la politica, e infine le riforme, quelle avviate e quelle da proseguire. Prima di ricevere l'ovazione finale del popolo di An, Fini ribadisce che ci vuole «più destra, perché la destra è onestà, perché più destra non è smarcarsi dagli alleati ma essere in sintonia con la società, più destra perché mentre c'è lo scontro con l'integralismo serve la coscienza dell'identità nazionale, più destra perché non è una sfida impossibile, basta moltiplicare l'impegno e proprio come ha dimostrato il laboratorio-Latina, con più destra si potrà portare l'Italia a fronte alta in questo terzo millennio». Era stato detto all'inizio: non è facile mettere nel cassetto 5 anni di lavoro...e Fini non vuole proprio farlo.