Fini: «Silvio? 9 volte su 10 fa di testa sua»
Il leader di An e ministro degli Esteri Gianfranco Fini scherza con un giornalista che gli chiedde se voleva dare qualche consiglio al Cavaliere. «In privato ci diamo consigli e scambiamo opinioni su molte cose, su altre rimaniamo ognuno della propria idea», aggiunge il leader di An. Ma quella di ieri nella tappa bolognese del suo tour, per Fini è una giornata all'insegna del privato. Per esempio il leader della destra ricorda: «Nel 1994 cominciai la campagna elettorale a Bologna e la vincemmo quindi, come dire, non è vero ma ci credo». «Una è affettiva - aggiunge - e riguarda i colori rossoblù (Fini è bolognese e ha studiato nel capoluogo emiliano prima di trasferirsi a Roma, ndr); l'altra è per l'importanza reale che hanno Bologna e l'Emilia-Romagna, una regione che rappresenta in qualche modo la roccaforte del centrosinistra. Quindi cominciamo la campagna elettorale nel campo avverso». Il leader di An è comunque ottimista: «Sono convinto che alle elezioni non ci sarà parità e che il centrodestra vincerà». Quindi attacca il leader dell'Unione: «Prodi in alcune occasioni non è altro che il megafono della Cgil» commentando l'identità di vedute messa in luce dall'intervento del leader del centrosinistra al congresso di Rimini del sindacato guidato da Epifani. Fini aggiunge che si sarebbe «meravigliato del contrario, perché la Cgil ha contribuito in modo determinante a scrivere anche il programma di Prodi». Il leader di An Gianfranco Fini insiste poi sull'importanza «numerica e politica» della sinistra radicale nella coalizione avversaria mentre le cose sono molto diverse per la destra radicale nella Cdl. «Avrei fatto a meno» di accordi con la destra radicale «se nel centrosinistra ci fosse stato un atteggiamento di coerenza», questo non è avvenuto, rileva Fini che però osserva ancora come la sinistra radicale nello schieramento del centrosinistra pesi per l'8-9% mentre la destra radicale nell'altra sia sotto l'1%. «Lo abbiamo già visto Prodi - ricorda Fini - alle prese con il governo dell'Italia insieme alla sinistra radicale. Senza l'apporto numerico e politico del Prc e dei Verdi (che sono come i cocomeri, verdi fuori rossi dentro), Prodi non vince neanche ai dadi».