Asse Prodi-Epifani Le imprese messe nell'angolo
Poi, in un intervento più volte interrotto dagli applausi, sottolinea i molti punti in comune della relazione di Epifani con il programma dell'Unione: non arrendersi al declino provocato da 5 anni di governo Berlusconi e ricucire le disuguaglianze che si sono create nel Paese, puntando sul risanamento dei conti pubblici, su un fisco più equo, sul lavoro rimesso al centro di una nuova politica economica. «Ottimo - commenta la segretaria confederale Carla Cantone - Ha colto lo spirito della nostra proposta». Per Prodi, infatti, riprogettare l'Italia «è un impegno» e fra le posizioni della Cgil e quelle dell'Unione c'è «concordanza sulle ricette e sulle politiche» per «far ripartire l'Italia» sull'orlo del «declino» dopo gli anni del centrodestra. Una situazione che - sottolinea riferendosi a Berlusconi - «nessun diversivo propagandistico può mascherare» e che lascerà in eredità «un disastro finanziario». Ora, però, è il momento di reagire. «Noi alla sconfitta, a un ineluttabile declino del Paese non ci stiamo - afferma Prodi - Vogliamo dare una scossa, una frustata al sistema produttivo. L'Italia ha le energie e le capacità per superare la crisi». Ma «non bastano piccoli aggiustamenti, occorrono riforme radicali», da fare insieme. Bisogna ripartire dalla centralità del lavoro, da una nuova politica economica che rilanci la competitività, da un fisco, una sanità, una scuola, che ristabiliscano i diritti e attenuino le disuguaglianze. «La destra - dice Prodi - ci lascia in eredità un Paese diviso. Fra chi ha tanto e chi ha poco; tra chi si è sfacciatamente arricchito e chi ha poco; tra chi ha evaso il fisco ed è stato premiato con una raffica di condoni e chi ha pagato le tasse fino al'ultimo euro». E proprio sul fisco è necessario intervenire subito, così come aveva chiesto Epifani, proponendo un patto di legislatura. «Lanceremo una lotta feroce all'evasione fiscale e contributiva», promette Prodi. Per fare tutto questo però - ha spiegato - è indispensabile «far ripartire l'Italia, perchè crescita zero significa un Paese fermo». Qui, il Professore, si concede un fuori-sacco, sul rialzo dei tassi da parte della Bce. «Un provvedimento - lo definisce - per un'economia che sta crescendo, mentre l'Italia è in stagnazione». Tornare a crescere è quindi l'imperativo, con una politica industriale basata su 4 punti: più tecnologia produttiva per una maggiore innovazione di prodotto; imprese più grandi favorendo fusioni, acquisizioni, filiere; sostegno alla internazionalizzazione e agli investimenti dentro e fuori i confini nazionali; sviluppo di nuovi settori produttivi, con grandi progetti di ricerca co-finanziati dal pubblico. E interventi urgenti anche sul fronte della sanità e dell'immigrazione.