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Il segretario Cgil: il governo ha fallito e ora l'Unione deve ricostruire il Paese

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È impietosa verso il Governo e impegnativa verso l'opposizione, la lettura dello stato del Paese del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Dal palco del XV Congresso, di fronte ad una platea di oltre 1.200 delegati, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta in rappresentanza dell'Esecutivo e allo stato maggiore dell'opposizione, il leader della Cgil indica anche alcune strade per uscire dall'empasse, economica ma non solo, in cui questi anni di legislatura berlusconiana hanno trascinato l'Italia: riportare il lavoro al centro di una nuova politica industriale e di sviluppo; puntare sulla ricerca, sulla formazione e su una scuola che metta in soffitta la riforma Moratti; stringere un patto fiscale con chi governerà nei prossimi 5 anni, che riequilibri la tassazione fra rendite, patrimoni e lavoro salariato. Puntare sui giovani, senza dimenticare gli anziani. Riacquistare credibilità internazionale in Europa e ruolo nei fronti caldi del mondo, a cominciare dal Medio Oriente e dall'Iraq, da dove i nostri soldati devono tornare. E l'Italia non cresce. Nel 2005, per la seconda volta nei cinque anni di governo del centrodestra, il prodotto interno lordo, cioè la ricchezza prodotta dal Paese, non si è mosso di un millimetro, fermo a zero. Un dato, quello reso noto dall'Istat, che riporta la situazione economica al centro del dibattito politico e scatena l'opposizione, anche perchè si accompagna ad altre valutazioni negative sull'occupazione e sui consumi delle famiglie, anch'essi fermi. È il disastro, la certificazione del fallimento del centrodestra, l'allarme è ormai oltre i limiti di guardia, sono i commenti dei vari leader del centrosinistra, che si susseguono per tutta la giornata. «È necessario invertire in fretta la rotta», dichiara un preoccupato Romano Prodi, «non c'è mai stato un periodo di recessione così lungo dalla guerra». Governo e maggioranza reagiscono contestando l'allarme del fronte avverso. Una crescita zero non è molto lontana da quella ipotizzata dello 0,2-0,3, non vale la pena stracciarsi le vesti per un paio di decimali: roba da entomologi, come dice il vice ministro dell'Economia Mario Baldassarri. Del resto, al dato sul pil si accompagna quello, apparentemente contraddittorio, del deficit. L'indebitamento della pubblica amministrazione rispetto al pil è lievemente migliore del previsto. Segno che la finanza pubblica è sotto controllo e la cura sui conti pubblici ha funzionato, dice il ministro dell'Economia Tremonti. «Il solo allegro è Tremonti e io non vedo cosa ci sia da stare allegri», commenta tranchant il responsabile per il programma dei Ds Pierluigi Bersani, definendo «dadaiste» le considerazioni del titolare dell'Economia. Tecnicamente il dato del deficit è spiegato in parte con un'operazione contabile sui flussi di cassa, in parte con la revisione decennale del calcolo del pil. Questioni contabili dunque, dice il diessino Vincenzo Visco, secondo il quale la situazione italiana è alla «massima emergenza» e i dati 2005 chiudono 5 anni «disastrosi», di crescita in costante discesa. Di fallimento certificato del governo Berlusconi parlano anche il segretario e il presidente dei Ds Piero Fassino e Massimo D'Alema, che fanno anche riferimento all'altra rilevazione Istat, che indica un calo di 102.000 unità di lavoro, sempre nel 2005. Un dato che presta il fianco a qualche equivoco: non si tratta di posti di lavoro effettivi, ma di unità di misurazione astratte di un tempo di lavoro standard di 8 ore, il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi e Baldassarri. Che su questo punto attacca i vertici Ds: «Sono confusi, parlano di cose che non conoscono, oppure cercano di usare questi dati demagogicamente a scopi elettorali». Le rilevazioni dell'Istat presentano «un quadro di luci ed ombre», taglia corto il responsabile economico di Palazzo Chigi Renato Brun

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