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di GIANNI DI CAPUA LA tournee americana è ormai finita.

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Forza Italia, infatti, attende il ritorno del «capo» per sciogliere tutti i nodi che stanno bloccando da alcuni giorni la compilazione delle liste per Camera e Senato. E l'impresa si annuncia tutt'altro che semplice. Anche perché il primo e principale problema degli azzurri è quello relativo al drastico ridimensionamento della pattuglia parlamentare. Ridimensionamento che sta tenendo sulle spine i deputati e i senatori uscenti, soprattutto quelli che non hanno ancora un posto sicuro in lista. Ma, al di là dei numeri, sono soprattutto due le questioni che il premier dovrà sciogliere: i posti promessi ai piccoli partiti che hanno accettato l'apparentamento con la Cdl e l'«affaire Formigoni». Partiamo dal primo. I sondaggisti sono sempre più convinti che le prossime elezioni politiche si decideranno sul filo di lana e che fondamentale sarà il contributo della pattuglia di partiti e partitini che si nasconde sotto la voce «altri». Quelli che hanno garantito il proprio sostegno al premier Berlusconi sono: il Nuovo Psi, la Dc di Rotondi, Alternativa Sociale, il Partito Repubblicano, i Riformatori Liberali - Radicali per le libertà, i Pensionati uniti, Sos Italia consumatori, Non euro iniquo, Verdi Verdi ambientalisti, il Partito Liberale, Progetto Natura e il Movimento Idea Sociale di Pino Rauti. Forza Italia ha già mobilitato i suoi per quello che è il primo obiettivo: raccogliere le firme per permettere la presentazione delle liste. Ma non finisce qui. Buona parte di questi partiti (se non tutti) avranno grosse difficoltà a raggiungere la soglia del 2% necessaria per poter portare i loro rappresentanti in Parlamento. La domanda nasce spontanea: perché scendere in campo? È qui che entra in gioco il Cavaliere. Nelle scorse settimane, infatti, il premier avrebbe promesso ad alcuni di questi partiti di ospitare i loro candidati di punta nelle liste di Forza Italia. Una promessa non da poco visti i problemi a far quadrare i conti. Si parla di circa 21 seggi che verranno ripartiti tra i Riformatori Liberali, la Democrazia Cristiana, il Nuovo Psi, il Pri, la lista Rauti e Alternativa Sociale (ospiti dell'ultima ora potrebbero essere il Partito Liberale e i Pensionati uniti). Per questo, appena tornato in Italia, Berlusconi dovrà decidere chi e come verrà inserito in lista cercando di accontentare tutti e di non scontentare soprattutto quei deputati azzurri che si sentono pericolosamente in bilico tra elezione e «trombatura». Contemporaneamente il Presidente del Consiglio dovrà cercare di accontentare anche un big del suo partito che da settimane scalpita per ottenere un posto al Senato. Il riferimento è ovviamente al Governatore lombardo Roberto Formigoni che anche ieri, in un'intervista a Repubblica è tornato a ribadire l'assoluta centralità della sua candidatura. «In questo momento - ha detto Formigoni - la mia candidatura può avere un qualche significato. Sono fiducioso che alla fine Berlusconi accetterà, ma se non mi candidasse commetterebbe un errore con il rischio di indebolire la Cdl». Parole che saranno sicuramente arrivate fino a Washington e che saranno al centro dell'incontro che domani il premier avrà con il Governatore. Incontro che servirà a sciogliere il nodo della candidatura di Formigoni su cui pesa, anzitutto, il veto posto dalla Lega. Proprio questo dato rende ancora più plausibile la versione secondo cui il Cavaliere, alla fine, deciderà per non candidare il primo inquilino del Pirellone cedendo alla sua rischiesta: inserimento nelle liste di FI degli assessori regionali Maurizio Bernardo e Alberto Guglielmo. Insomma, se la matematica non è un'opinione, il Cavaliere avrà grosse difficoltà a chiudere la partita. E si preanmnunciano giorni di duro lavoro tra ministri da ricandidare (su tutti Pietro Lunardi e Lucio Stanca oltre all'ex Girolamo Sirchia), Governatori da accontentare (oltre a Formigoni, Raffele Fitto e Enzo Ghigo), new entry da lanciare (Barbara Co

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