I giudici
ignorano Ciampi
Ieri carlo Azeglio Ciampi, ospite d'onore al congresso dell'Anm, ha ricevuto lodi, ringraziamenti e applausi a non finire. Ma nonostante il suo richiamo ai giudici ad «apparire» e non solo ad «essere» imparziali le toghe hanno nuovamente alzato la voce contro il premier. Da una parte il primo presidente della Corte di Cassazione, Nicola Marvulli ha definito «deliranti» le ultime accuse del presidente della Consiglio alla Magistratura, dall'altra il procuratore di Milano, Manlio Minale, ha definito «ingiustificati, immotivati, denigratori», gli attacchi ai magistrati della Procura «da parte di chi riveste un'alta carica istituzionale». Eppure il Presidente della Repubblica aveva cercato in tutti i modi di mettere la sordina alle polemiche. Ha ascoltato la relazione del presidente dell'Anm Riviezzo, che ha denunciato il pressoché quotidiano bersagliamento di «attacchi indiscriminati e accuse immotivate espresse talora con toni ingiuriosi, verso la categoria dei magistrati e singoli colleghi, una demolizione continua dell'immagine della Magistratura, una istituzione che non ha bisogno del consenso dell'opinione pubblica, ma che deve godere di credibilità e autorevolezza per poter svolgere serenamente i suoi delicati compiti». Parole che esprimono uno stato d'animo diffuso fra i togati, impegnati a incassare, ma sempre sul punto di rispondere per le rime. Ciampi, da parte sua, sa con quale stato d'animo le toghe accolgono certe accuse, ma considera doveroso da parte di servitori dello Stato che svolgono una funzione così delicata evitare di rispondere, anche a quelle che sono considerate dalle toghe provocazioni. I giudici lo sanno. Ma ieri, dopo aver ascoltato la relazione di Riviezzo, Ciampi ha voluto ripetere lo stesso le sue raccomandazioni. Lo ha fatto a microfoni spenti, parlando apertis verbis con i capi della magistratura associata. Voi magistrati, ha detto, avete una particolare responsabilità: avete il dovere non solo di «essere», ma anche di «apparire» imparziali. È la raccomandazione che il Capo dello Stato non si stanca mai di ripetere e che ha formulato nel modo più organico esattamente un anno fa, al Quirinale, davanti ai nuovi uditori giudiziari. «La stabilità delle istituzioni — disse in quella occasione — si fonda sulla divisione dei poteri e sul rispetto pieno e reciproco delle funzioni di ciascuno. Sicché sta ai magistrati, come a tutti coloro che sono investiti di pubbliche funzioni, non travalicare i confini istituzionali e non alimentare tensioni. Il Paese può e deve contare su questa serenità e su questo superiore equilibrio, per preservare il quale dovete sempre anestetizzare le vostre reazioni, anche davanti ad attacchi avvertiti come ugualmente diretti alle persone o all'intero ordine giudiziario. È questo l'unico modo non soltanto di essere, ma anche di apparire autonomi e indipendenti, rafforzando con ciò stesso la fiducia dei cittadini nella giustizia. Per parte mia — assicurò — io sarò sempre garante attento e severo dell'autonomia e dell'indipendenza e strenuo difensore del prestigio della Magistratura». Le parole di Ciampi sono state accolte positivamente sia dalla Cdl che dall'Unione. «Il presidente della Repubblica ha detto cose sacrosante: le toghe appaiano imparziali — ha commentato Pier Ferdinando Casini — Mi chiedo come è possibile che i magistrati appaiano imparziali se poi come nel caso della mia Bologna un magistrato come Libero Mancuso, che si è distinto per faziosità, ricopre la carica di assessore comunale. Come può essere imparziale uno che a Bari passa dall'amministrazione della giustizia all'amministrazione pubblica e nello stesso luogo, per una parte politica. Questo significa non rispondere all'appello del capo dello Stato». Casini sottolinea: «E io non parlo di D'Ambrosio, perché D'Ambrosio farà il legislatore, ma di quelli che hanno amministrato la giustizia e poi fanno gli amministratori pubblici nello stesso distretto». D'accordo con Ciampi anche il s