Fini non segue il Cav: «Siamo più affidabili»
Fini è affidabile. Forte di una credibilità conquistata sul terreno nazionale. E soprattutto in campo internazionale. Se appena qualche anno fa un ministro belga si rifiutava di stringere la mano all'allora vicepremier di An Pinuccio Tatarella «perché fascista», oggi più nessuno si sognerebbe di fare un gesto analogo con Granfranco Fini. «Fini può», dice un suo fedelissimo. E vorrebbe aggiungere che è pronto per governare. È pronto per candidarsi alla guida della coalizione e dunque alla guida del governo. Lo dimostrerà nella sua campagna elettorale, studiata a tavolino per differenziarsi da Berlusconi. Se il Cavaliere parla, Fini sta zitto. Se uno attacca, l'altro si smarca. Se uno perde terreno, l'altro avanza. Potenza del proporzionale, il capo della destra ha scelto una sua strada. Un percorso sereno, senza urla, con toni soft. Non poteva essere altrimenti, forse. Il leader di An si trova da un lato un Berlusconi oramai straripante, su di giri e che ha scelto una propaganda che ha un solo obiettivo: riportare i suoi a votare. E i suoi elettori sono lenti, svogliati, non amano le urne. Ma sono pronti a mobilitarsi solo se avvertono la puzza di guerra: ecco dunque la propaganda «esagerata». Dall'altro lato, il capo della destra si trova la «fastidiosa» Alessandra Mussolini che è quotata tra l'uno e il due per cento. Voti che in gran parte rosicchiano l'elettorato di via della Scrofa. Al vicepremier, dunque, non rimaneva che una strada. Dimostrare di essere una forza serena, come dicono gli ultimi manifesti. Una forza tranquilla. E sfoderare la credibilità. Insomma, non si lancerà alla rincorsa di Berlusconi, salvo che con un tour nelle piazze d'Italia che sta per partire con tanto di comizi vecchio stampo. Per il resto, la propaganda della destra sarà all'insegna della differenziazione. «Scusate - domanda sornione Ignazio La Russa, il capogruppo alla Camera -, ma dov'era Fini ieri (sabato, ndr)? Al ministero degli Esteri. E che cosa ha fatto? È andato alla moschea. Ecco, questa sarà la nostra campagna elettorale. Faremo parlare il lavoro che facciamo tutti i giorni, faremo parlare il nostro impegno. Insomma, parleremo di contenuti, non di effetti speciali». E aggiunge l'uomo che ha inventato lo slogan «In prima persona»: «Non ci importa di smarcarci. Giochiamo la nostra partita. Ci sono tre punte nella Cdl? Ebbene, mica possiamo muoverci allo stesso modo». E «affidabilità» è anche la parola d'ordine che usa Silvano Moffa, l'uomo che sta preparando il programma per conto di An, uno dei più vicini a Fini: «Ci presenteremo agli elettori con un unico piano che partirà dalle cose fatte. Ma questo non significherà che non continueremo a fare le nostre battaglie». Anzi. Per esempio, il leader di An farà iniziative tematiche con singole categorie. Dagli imprenditori ai piccoli artigiani. Dalle donne agli anziani. Sarà una campagna quasi silenziosa. Anche perché l'intento di fondo è quello di uscire dal tradizionale elettorale di Alleanza nazionale. Andare oltre. Anche per questo Fini ha ormai ammorbidito i toni da destra «Dio, Patria e famiglia» e si rivolge ora pure a un mondo che «non va discriminato»: coppie di fatto, per esempio. Un bacino elettorale che Fini non vuole regalare alla sinistra. Una destra cattolica certo, ma anche laica. «Postmoderna», sintetizza efficacemente Moffa senza fare però precisi riferimenti. E quel «postmoderna» non significherà abbandonare il nucleo centrale della società italiana. Non a caso l'ex presidente della Provincia di Roma e oggi sottosegretario alle Infrastrutture avverte: «Spingeremo perché nel programma del centrodestra venga inserito il quoziente familiare. Poi insisteremo per la fiscalità di vantaggio al Mezzogiorno e la difesa dei nostri prodotti. Ci saranno altre proposte ma la campagna elettorale è ancora lunga...».