«Siamo come Madrid nel 2004»
Mi ricorda troppo nella tempistica l'attentato a Madrid del 2004. Mi sembra proprio che si tratti - oggi come allora - di un disegno internazionale per influenzare l'esito della campagna elettorale». Ne è convinto Roberto Cota, segretario regionale della Lega in Piemonte e sottosegretario al Ministero delle Attività produttive, uno degli esponenti di punta della nuova generazione del partito di Bossi. Sta dicendo che gli 11 morti in Libia non c'entrano con Calderoli e la sua maglietta con Maometto? «Sto dicendo che, come è stato chiaro in altre occasioni, il terrorismo internazionale e Al Qaida sono molto sensibili a quello che succede nei governi e negli equilibri interni dei paesi occidentali. Non può essere casuale che, proprio ora che il centrodestra mostra di essere in grande ripresa e addirittura i sondaggi registrano un vantaggio sul centrosinistra, scoppi questo caso che colpisce il governo e soprattutto uno dei partiti più in crescita della Cdl». Quindi, una rivolta ad orologeria, quella di due giorni fa in Libia contro il consolato italiano? «Direi proprio di sì. Fa impressione anche perché dimostra proprio quello che andiamo sostenendo noi della Lega da un bel po' di tempo, ovvero che se non ci difendiamo e non mettiamo solidi paletti a tutela della nostra identità corriamo un grave rischio di essere fagocitati». Ma in questa vicenda voi della Lega siete rimasti soli, Calderoli ha dovuto cedere alle richieste di dimissioni che gli sono venute proprio dal capo del governo. Non è così? «Io sono convinto che questa vicenda sia stata profondamente strumentalizzata soprattutto dalla sinistra, ma non solo ovviamente. E mi rammarico di ciò innanzi tutto perché sono convinto che la battaglia di Calderoli sia giusta. Si tratta di difendere la nostra identità, i nostri valori, la libertà e la democrazia, contro chi a questi è indifferente, anzi li combatte». Ma così si va allo scontro? «No questa per noi è la base del dialogo. Solo difendendo la nostra storia e la nostra cultura possiamo avviare un incontro paritario con le altre civiltà». Non le sembra invece che sia solo una provocazione indossare pubblicamente una maglietta con Maometto che offende milioni di musulmani che credono non si debba rappresentare il loro profeta? «Quella maglietta e la vignetta raffigurata non sono altro che la manifestazione della libertà di espressione di cui godiamo qui in occidente. Mentre negli stati arabi tutto questo non esiste. Basti pensare a come vengono trattati i cristiani nei paesi musulmani». A questo punto molti si chiedono se ci sarà veramente l'effetto boomerang. Secondo lei, Sottosegretario Cota, questa storia vi ritorcerà contro in termini elettorali? «Non credo proprio. Anzi sto raccogliendo un numero enorme di telefonate di sostegno e solidarietà. La Lega va forte. Anzi direi mai meglio di ora. Sento un consenso diffuso perché la gente ci sente in prima linea nella difesa dei valori cristiani e occidentali».