Calderoli si dimette ma resta in campo
Il leghista lascia dopo un vertice con Bossi. Ribadisce però che «non vuole rinunciare alla battaglia»
All'indomani dei disordini scoppiati nella città libica di Bengasi dove il consolato italiano è stato preso d'assalto da un gruppo di manifestanti a causa dell'apparizione del ministro su Raiuno con una maglietta raffigurante la caricatura di Maometto, Calderoli lascia il governo. La decisione arriva al termine di un tormentato incontro con Umberto Bossi e Roberto Maroni e dopo che tutta la Cdl gli ha chiesto di farsi da parte. Se ne va ma al tempo stesso non recede di un passo dalle sue convinzioni. Resta fermo nell'idea di portare avanti «la battaglia per affermare gli insegnamenti della religione cristiana e di essere un uomo libero». Nel centrodestra e in particolare dentro Forza Italia queste parole suonano come un campanello d'allarme tant'è che gli uomini vicini a Berlusconi gli hanno chiesto di aprire una verifica sulle posizioni della Lega, un impegno formale a abandonare questa linea belligerante, per evitare altri problemi a ridosso del voto. A via del'Umiltà c'è la preoccupazione che possa essere compromesso tutto il lavoro fatto dal premier in questi due mesi di intesa campagna elettorale. Non basta insomma che Calderoli si dimetta anche perchè la sua uscita dal governo non significa affatto l'estromissione dalla scena politica. Occorre qualcosa di più, la sicurezza che non ci saranno altre manifestazioni di intolleranza religiosa. Tanto più che ora, libero da impegni di governo, Calderoli potrebbe addirittura prendere in mano le redini della Lega. La corsa alla successione di Bossi è in atto da mesi e nel testa a testa con il ministro Roberto Maroni, ora Calderoli potrebbe avere la meglio. Il Carroccio potrebbe fare di lui una sorta di vittima del fondamentalismo islamico e metterlo al vertice. Nella nota di dimissioni Calderoli ha infatti spiegato così il suo gesto: «Non intendo consentire ulteriormente la vergognosa strumentalizzazione che in queste ore viene fatta contro di me e contro la Lega anche purtroppo da esponenti della maggioranza». Poi ha sottolineato che la sua «intenzione non era di offendere la religione musulmana nè di essere pretesto alla violenza». Va ricordato che sull'episodio c'è anche stato il monito del presidente della Repubblica Ciampi che ha chiesto ai ministri «comportamenti responsabili» mettendo in evidenza che «la libertà di espressione non deve schiacciare la libertà religiosa e l'Europa ha come stella polare il dialogo interreligioso e interculturale». Ed è a questo senso di responsabilità e «non al pressing generale» che, dice Calderoli, si è ispirato per le dimissioni. Fuori dalla nota ufficiale Calderoli ha sottolineato di voler «portare avanti la mia battaglia e la linea condivisa dal Movimento». Poi ha replicato agli attacchi dicendo che «coloro che lo hanno accusato sono gli stessi che se ne sono stati zitti davanti al prete ucciso, davanti alle ambasciate bruciate. È nell'ipocrisia che il fondamentalismo trova spazio». Quello che preoccupa i leader della Cdl è che ora Calderoli venga incensato dai colleghi della Lega. peraltro l'ex ministro delel Riforme non è nuovo a dichiarazioni fuori dalle righe come nel 2000 quando si espresse a favore dell'uso dele armi contro gli scafisti. Ma va anche detto che nel gioco degli equilibri interni alla Lega Calderoli è sempre stato la controparte bergamasca che equilibrava lo strapotere dei varesini rappresentati oltre che da Bossi anche da Maroni e dal presidente della commissione Bilancio della Camera Giorgetti. Plauso alle dimissioni sono venute dalla Cdl e dall'Unione.