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LA decisione sull'eventuale rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi è slittata a dopo le elezioni, ma ...

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Con Forza Italia che ripropone la tesi della giustizia «a orologeria» e del legame fra i Ds e le procure, e Massimo D'Alema che ironizza sulla gravità delle accuse mosse a Berlusconi rispetto alle telefonate per la vicenda Unipol, sulle quali il presidente del Consiglio ha condotto la sua offensiva. Berlusconi ha evitato commenti diretti, ed ha respinto con un «parlerò al momento opportuno» le richieste in questo senso; ma poi, nel corso di un comizio a Perugia, ha riproposto contro Luciano Violante l'accusa di avere «guidato le truppe rosse dei pm italiani contro di noi». E in questo compito, aggiunge Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore del partito, Violante sarà presto affiancato da Gerardo D'Ambrosio, candidato per i Ds dopo essere stato a capo della procura che «iniziava con puntualità sconcertante inchieste e processi nei confronti di Berlusconi ad ogni vigilia elettorale». Lo stesso ministro della giustizia, il leghista Roberto Castelli, pur senza fare commenti espliciti, ha sottolineato ironicamente la «novità» del rinvio a giudizio che incombe sul presidente del Consiglio. L'interpretazione della giustizia ad orologeria è rilanciata da molti esponenti di Forza Italia: da Alfredo Biondi, per il quale è «consolidata giurisprudenza di rito ambrosiano» un'iniziativa giudiziaria contro Berlusconi in campagna elettorale, a Isabella Bertolini, che legge nella chiusura delle indagini su Berlusconi e sull'avvocato inglese David Mills una reazione immediata al sondaggio americano che, diversamente da quelli italiani, ha dato la Cdl in leggero vantaggio. Forza Italia ha mostrato però anche la convinzione diffusa che le iniziative giudiziarie siano un'arma inefficace, e che anzi, come sostiene Cicchitto, le operazioni giudiziarie alla vigilia delle elezioni siano «controproducenti». Addirittura, il segretario della Dc per le Autonomie, Gianfranco Rotondi, ha detto di essere convinto che Berlusconi abbia ricevuto dai magistrati un autentico «assist» che lo aiuterà a vincere. Invece, il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini non crede che il processo Mediaset possa o debba condizionare, in un senso o nell'altro, la campagna elettorale. Che ormai, secondo Casini, è stata impostata e sarà giocata sul terreno politico. Anche nell'opposizione, del resto, non sono in molti ad alzare polemiche contro Berlusconi per l'ultima disavventura giudiziaria. Fra le eccezioni si segnala Antonio Di Pietro, dell'Italia dei Valori, per il quale non è vero che Berlusconi finisce sotto inchiesta ogni volta che ci sono le elezioni, ma semmai che sono talmente tante le vicende in cui è coinvolto che l'unica soluzione sarebbero le sue dimissioni e l'allontanamento dalla politica finché non abbia chiarito tutto. Ma il commento più significativo è quello di Massimo D'Alema che, ricordando la martellante campagna di Berlusconi sulla vicenda Unipol, non ha rinunciato a sottolineare che chi ha tentato di fare «un processo contro i Ds per un paio di telefonate di nessuna rilevanza giudiziaria» si trova puntualmente in vicende giudiziarie dalle quali si è finora salvato, accusa il presidente dei Ds, usando «sempre la tecnica di interventi ad personam».

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