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È una voce soddisfatta quella del presidente dei senatori azzurri Renato Schifani quando legge i dati riguardanti la «sua» legislatura. «Il nostro passerà alla storia come il "Governo delle riforme". Abbiamo avuto il coraggio di fare due riforme storiche come quella dell'ordinamento giudiziario e quella delle pensioni. Una riforma a cui Massimo D'Alema si era solo avvicinato quando era a palazzo Chigi prima di essere bacchettato da Cofferati». La sinistra, ovviamente, non la pensa così. Sulle grandi opere, ad esempio, dice che vi siete limitati a completare quello che loro avevano iniziato. «Veramente quando siamo arrivati nel 2001 non abbiamo trovato grandi progetti. Al contrario le leggi vigenti consentivano a qualunque ente locale di bloccare la realizzazione di qualsiasi opera». Come siete intervenuti? «Nei primi 100 giorni di governo abbiamo approvato la Legge Obiettivo una legge strategica che ha avuto il grande merito di snellire le procedure e di dare un grande impulso al settore». Un'altra riforma fortemente contestata dall'opposizione è la legge Biagi. L'Unione, nel suo programma ne ipotizza il «superamento». «Questa è la prova provata che l'opposizione non ha a cuore l'interesse del Paese. La legge Biagi, ad esempio, non viene contestata nel contenuto, ma solo perché, ad un certo punto, Marco Biagi è diventato consulente del ministro Maroni. Io non credo che si possa governare un Paese cambiando le leggi solo perché sono state fatte dagli avversari». Ma se i risultati sono negativi? «Mi sembra che il saldo delle nostre riforme sia assolutamente positivo. Con la legge Biagi, ad esempio, abbiamo aumentato i posti di lavoro». Tante riforme, tanti risultati, nessun rimpianto? «Sì, qualche rimpianto c'è. Ad esempio quello di non essere riusciti a fare una buona legge sulle intercettazioni telefoniche e di non aver realizzato la separazione delle carriere dei magistrati». N. I.

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