«Quelle minoranze non ci sequestreranno»
E poi Forza Italia, la sua organizzazione, il programma per il governo. Claudio Scajola parla a trecentosessanta gradi. A tutto campo, il ministro delle Attività produttive spiega le sue strategie. Partiamo dall'energia. Dai black out estivi alla crisi del gas. La produzione nazionale non basta, che cosa ha fatto il governo in questi cinque anni? «In questi cinque anni, il governo Berlusconi, nell'ambito di una politica riformatrice che ha saputo intervenire su molti dei nodi strutturali trascurati per decenni, ha fatto pienamente la sua parte, gettando le fondamenta di una nuova politica energetica, con una serie di provvedimenti che a ben ragione possono essere considerati "di sistema". In primo luogo abbiamo varato la legge per il riordino del settore elettrico che favorisce la concorrenza tra gli operatori, promuove la diversificazione delle fonti e delle aree di approvvigionamento energetico e pone le condizioni per migliorare la qualità del servizio e avviare nuovi investimenti, anche nelle fonti rinnovabili». Andiamo al concreto, ministro. Faccia qualche esempio. «Abbiamo autorizzato 41 nuovi impianti di produzione elettrica per un totale di circa 24.000 megawatt di nuova potenza e avviato i cantieri per i nuovi elettrodotti in modo da eliminare strozzature croniche della rete elettrica nazionale. È inoltre già funzionante il nuovo gasdotto con la Libia e in esecuzione sei nuovi stoccaggi per il gas naturale con un aumento del 40% della capacità nazionale. Abbiamo approvato due terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto da 8 miliardi di metri cubi/anno, e due nuove autorizzazioni sono in corso. Abbiamo realizzato 1000 megawatt di impianti che usano fonti rinnovabili (eolico, rifiuti) e ulteriori 3000 MegaWatt autorizzati sono in costruzione. Le aziende italiane già partecipano alla progettazione di generatori nucleari di terza generazione con la Francia e ai programmi sul nucleare di quarta generazione con gli Stati Uniti. Abbiamo, infine, incentivato come non era mai stato fatto prima la produzione di energia fotovoltaica, allineando l'Italia agli standard europei. Tanto che addirittura Beppe Grillo ha dovuto scrivere sul suo sito: "Bravo Scajola"». Dipendiamo dal gas russo eppure continuiamo a esportare energia. Perché? «In questi giorni in realtà c'è stato un calo delle esportazioni. L'export di elettricità, infatti, è molto diminuito anche se, in effetti, negli ultimi mesi l'Italia è stata esportatrice di energia elettrica. Ma attenzione: questa deve essere considerata una notizia positiva. Perché è il segno che le nostre centrali a gas sono ormai tra le più efficienti d'Europa». Dopo il no al nucleare le centrali sono rimaste inutilizzate. Perché non si è fatto un piano di riconversione? «C'è tutta una serie di misure di sicurezza che non permettono nell'immediato di utilizzarle. Le centrali elettronucleari dismesse, come qualsiasi altro impianto nucleare, non consentono, anche per la loro stessa struttura ingegneristica, di essere riconvertite per altre destinazioni d'uso. Infatti, per liberare le aree su cui insistono le centrali elettronucleari da ogni tipo di vincolo radiologico, anche per eventuali altre iniziative industriali, è necessario operare gradualmente». La riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia ha l'assenso di industriali e operai ma è osteggiata dai "no coke". Può un Paese essere ostaggio di una corrente di pensiero? «È vero, una minoranza ideologica sta sequestrando il nostro futuro. E ora questa minoranza condiziona anche i vertici della Regione Lazio, che giovedì hanno assunto la dissennata decisione di bloccare l'uso del carbone a Civitavecchia. Piero Marrazzo è l'ennesimo rappresentante di quel partito del no che continua a bloccare l'Italia. E la posizione della Regione Lazio è l'ennesima dimostrazione che la modernizzazione dell'Italia continua ad essere avversata in maniera ideologizzata. Mi dispiace constatare che il comportamento di Marrazzo, in definit