«Ma ora smettiamola di mediare su tutto»
Tiene ancora una porta aperta Salvo Andò, già politico di punta del Psi craxiano, presidente della commissione per il programma dello Sdi e oggi membro della direzione nazionale della Rosa nel Pugno. Lo strappo che ha convinto Emma Bonino ad abbandonare il tavolo del Programma dell'Unione non è una rottura, ma piuttosto un invito a riflettere. Avevate posto delle questioni che non hanno trovato cittadinanza nel programma dell'Unione. Adesso cosa succede? «Io credo che su alcune questioni di principio non si può continuare ad avere una posizione interlocutoria o che punta genericamente sulla mediazione». Forse nell'Unione ci sono troppi «galli a cantare»? «L'Unione è un'alleanza plurale. I soggetti che concorrono a formarla rappresentano diverse tradizioni culturali. Ciò nonostante non si può dire che, su particolari questioni, ognuno decide secondo libertà di coscienza». Ad esempio quali questioni? «Penso alla libertà religiosa, alla libertà della scienza, ai Pacs, alla libertà della scuola, al valore dell'uguaglianza in riferimento alla formazione scolastica. Un'uguaglianza che può essere garantita solo dalla scuola pubblica». Ma su queste questioni, a quanto pare, l'Unione ha discusso a lungo? «Sì, si può discutere, anche a lungo, ma alla fine servono delle decisioni perché si tratta di questioni che oggi sono al centro del dibattito politico e, soprattutto, del dibattito sociale». Forse la colpa è anche di Prodi che cerca di mettere d'accordo tutti senza mai prendere una posizione? «Prodi si sforza di fare quello che deve fare: il leader di una coalizione. In ogni aggregazione c'è un nucleo centrale assieme a posizioni più radicali. Non mi sembra un tema nuovo. Il problema semmai è il metodo». E qual è il metodo? «Non può essere certamente quello del rinvio della soluzione o il far finta che certi problemi non esistano. E poi sarebbe auspicabile anche una certa giustizia distributiva. Se il programma è il programma di tutti, tutti dovrebbero contribuire con le loro specificità culturali». Sui Pacs, però, sono proprio due specificità culturali a scontrarsi. Come se ne esce? «L'Italia è oggi l'ultimo Paese o quasi che non ha ancora regolarizzato il fenomeno delle unioni di fatto. Ormai la famiglia fondata sul matrimonio non è più l'unico modello di affettività. Tra l'altro il riconoscimento dei Pacs non è una negazione del valore del matrimonio. Chi vuole può sposarsi anche dopo una convivenza. Nessuno chiede uno "pseudomatrimonio" come dice qualche sedicente difensore della famiglia». La Margherita e l'Udeur non la pensano così? «Noi non possiamo dare ragione a tutte le posizioni a seconda di chi dichiara». Che pensa delle parole di Diliberto il quale ha detto che i Radicali sono una rogna che dovete gestire voi? «La nostra unione con i Radicali non nasce dal nulla. Con loro abbiamo condiviso battaglie importanti come quella sul divorzio, sull'aborto e su una giustizia più giusta. Nelle dichiarazioni che lei ha citato forse si nasconde la paura di uno Sdi più combattivo». Sarete oggi alla presentazione del programma dell'Unione? «Io credo che, a prescindere dal programma, la discussione andrà avanti. Si tratta di questioni troppo importanti per essere chiuse con una semplice dichiarazione di intenti». N. I.