Velardi: «Veltroni il migliore, Prodi parli concreto»
La vera risposta a Silvio Berlusconi è Walter Veltroni. Parola di Claudio Velardi, l'ex braccio destro di D'Alema. Anzi, colui il quale venne chiamato da Baffino al suo fianco nella sfida all'ultimo sangue proprio con Veltroni per la segreteria delll'allora Pds, anno 1994. Oggi Velardi fa l'imprenditore e tra l'altro nella comunicazione. E dà giudizi: «Berlusconi - confessa Velardi - rimane senza dubbio il miglior comunicatore che esista, l'attuale sindaco di Roma è quello che nel centrosinistra sta conducendo meglio la campagna elettorale avendo trovato il giusto registro comunicativo». Su futuro del sindaco della Capitale, l'ex guru di D'Alema che adesso ha la sua sede operativa a Palazzo Grazioli (ma solo perché lì c'è «Reti», la società di consulenza politica da lui fondata, di fa parte anche cui Running, azienda di formazione) non vuole sbilanciarsi e ci tiene a ribadire che oramai lui è solo un osservatore esterno, un'analista politico. Veltroni potrebbe tornare ad un ruolo di primo piano nella politica nazionale? «Non sta a me dirlo, ma da sempre è una risorsa importante per il Paese e prima poi questa risorsa sarà spesa». E D'Alema? Lei era a capo del suo staff fin da quando era segretario del partito... Che ruolo avrà? «Penso che nel simpatico clima anarchico che si respira in questi giorni in televisione, in cui ognuno fa quello che gli pare, in particolare il presidente del Consiglio, D'Alema ha fatto una mossa intelligente rifiutando il confronto televisivo perché è stato un ulteriore modo per legittimare Prodi come il candidato leader dell'Unione, cosa già sancita dalle primarie». Ma se non sarà D'Alema non sarà premier, che ruolo avrà in un ipotetico governo dell'Unione? «Beh, un ruolo istituzionale è presumibile che possa averlo per esempio alla Camera». Come semplice deputato o come capo di Montecitorio. «Come presidente della Camera». E lei lo seguirebbe di nuovo? Tornarebbe alla fare politica? «No, no. Io mi diverto a fare il lavoro che faccio ora da imprenditore». Lei è l'editore del «Riformista». La candidatura del direttore Polito con la Margherita non vi creerà un conflitto di interessi verso i vostri lettori? «Perché mai? Una volta eletto Polito lascerà il posto da direttore. Nel frattempo potremmo trovare insieme il modo per garantire a tutti i lettori che il giornale manterrà la sua autonomia e indipendenza». Nessuna competizione allora con l'organo ufficiale della Margherita «Europa»? «Forse per qualche giorno». Caso Unipol, polemiche sulle candidature dei magistrati, divisioni interne sui Pacs. Ci saranno ripercussioni sui voti all'Unione. «Penso di no, perché non è roba che interessa direttamente la gente». E con Bertinotti come la mettiamo? «È chiaro che l'Unione deve stare attena perché Bertinotti una ne fa e cento ne pensa: e allora sono guai» E quali sono i temi giusti di cui si dovrebbe parlare anche nella realtà della campagna elettorale? «Sono l'economia, i grandi servizi collettivi, l'ambiente, l'energia, i tanti contenuti concreti di cui bisognerebbe parlare con una certa tranquillità. Penso che la gente sia sinceramente infastidita dai toni esagerati di questa campagna elettorale». La campagna elettorale dei due schieramenti si gioca con strategie diverse: a tre punte per la Cdl e, se vogliamo usare l'espressione di D'Alema, il modulo Spalletti per quanto riguarda l'Unione. Chi sta giocando meglio? «Al momento, se vogliamo restare nella metafora calcistica, sta giocando meglio Totti. Il modulo di Spalletti funziona, funziona bene tutta la squadra si sta stringendo attorno al leader che è Totti. Lo schema delle tre punte funziona un po' meno». Perché? «Perché la gente deve avere ben chiaro chi è il leader». Tra le strategie di Fini, Berlusconi e Casini, qual è la migliore secondo lei all'interno della Cdl? «Casini si sta muvendo bene, accostando il suo profilo di grande leadar di partito al grande profilo istituzionale che sempre mantiene. Fini fino ad oggi ha forse accentuato troppo l'aspetto istit