Non passa la legge Prestigiacomo
Quote rosa, FI, Lega e Udc di traverso. Solo An le sostiene. Spunta una lista di sole donne
Stefania Prestigiacomo, il ministro per le Pari opportunità bello come il sole della sua Sicilia - che ha addolcito con una lacrima sul viso il cuore degli onorevoli colleghi -, ieri ha rischiato di piangere di nuovo davanti alla telenovela delle quote rosa.. Per ben quattro volte, infatti, a Palazzo Madama in una giornata confusa (in mattinata in sede di dibattito, Fioroni, collega di partito della Prestigiacomo, pur sapendo che tra pochi giorni saranno sciolte le camere, aveva proposto un'ulteriore pausa di riflessione) è mancato il numero legale al momento di votare il provvedimento. Triste presagio di quello che è poi accaduto in serata quando la maggioranza durante la conferenza dei capigruppo si è spaccata. Forza Italia, Lega e Udc hanno votato contro la proposta dell'opposizione di mettere al primo punto dell'ordine del giorno di oggi la votazione proprio sulle quote rosa, Alleanza nazionale, invece, ha votato a favore di questa. E pensare che la cosa in mattinata si stava mettendo bene visto che in Senato era stato approvato un emendamento di Guglielmo Castagnetti (Fi) che stabilisce che metà delle presenze nelle liste elettorali devono essere femminili nelle due elezioni successive all'approvazione della legge. Non solo, era stato stabilito anche che ai partiti che non rispetteranno la proporzione alle prossime elezioni politiche verrà ridotto il rimborso per le spese elettorali da un minimo del 10% a un massimo del 50%; per le successive elezioni politiche invece le liste che non rispetteranno la proporzione prevista dalla legge non saranno ammesse. I senatori avevano anche accolto un altro emendamento affinché le quote rosa siano applicate anche per Csm, Corte costituzionale e Authority. La Prestigiacomo ha esorcizzato il rischio lacrima bis con una ferma dichiarazione: «Io comunque non mollo». Anche se lei stessa sa bene che dopo il Senato sarebbe calato il sipario visto che non c'è più tempo per spedirla alla Camera. Eppure lei in mattinata aveva sorriso: «Non è stato un voto inutile ma avrà un grande significato politico», aveva detto. Una giornata schizofrenica, dunque, con tanto di piccolo giallo, meglio un «casino», normativo: una contraddizione tra il comma 1 e il comma 2 dell'articolo 1 del testo. Tra tanta confusione una sola certezza: stavano offrendo alla Prestigiacomo una dolce caramella per aiutarla a mandar giù l'amaro boccone. E lei c'è stata. Dopo tante lacrime versate proprio per i virili sgambetti dei suoi alleati - Forza Italia e An in particolare - alle «sue» quote rosa, ieri per un po' aveva addirittura sorriso. La sua battaglia per le pari opportunità femminili negli emicicli parlamentari è stata palleggiata per mesi soprattutto all'interno del suo focolare parlamentare. Insomma, le quote rose non le vuole nessuno. Perché mai i peones, che sanno già di non essere eletti, in un Parlamento per il 90% maschio avrebbero dovuto spingere per una legge che li obbliga a far spazio alle onorevoli in gonnella? Per educazione, certo. Ma la politica è altro. L'ha scoperto anche Stefania Prestigiacomo, snobbata da FI, corteggiata da AN, accusata di «incapacità» dalle senatrici dell'Unione, scivolata infine su una quota rosa. Intanto sul tavolo di Berlusconi è arrivato un progetto della deputata Maria Burani Procaccini. Prevede la creazione di una lista di sole donne da organizzare nel giro di poco tempo.