Boselli chiede la Scuola, si aprono i giochi
È la battaglia della politica, intesa nel senso più realistico ma deleterio del termine: quella per la poltrona. Una battaglia che, come era ovvio, sta agitando soprattutto l'Unione che, con l'avvicinarsi del 9 aprile, ha sempre più difficoltà a tenere a bada l'appetito di tutti i partiti della coalizione. Così ieri, concludendo il IV congresso dello Sdi, il presidente del partito Enrico Boselli ha detto la sua. «Dato le preoccupazioni che abbiamo sulla difesa della scuola pubblica - ha spiegato -, riteniamo che per l'incarico di ministro della Pubblica Istruzione si debba individuare una personalità a cui stia a cuore la laicità dello Stato. Non vorremmo proprio che si mettesse a quel posto un amico o un'amica del cardinal Camillo Ruini». Nessun nome certo, ma un messaggio che sembra quasi «un'opa» sul ministero di viale Trastevere. Senza contare che, sempre da Fiuggi, è partita anche un'altra candidatura: quella di Emma Bonino alla poltrona del Quirinale. Una candidatura che, secondo Pannella, dovrà essere sottoposta al vaglio delle primarie (anche se è già stata stoppata da Boselli). Insomma, se queste sono le premesse, la Rosa nel Pugno sarà, per Romano Prodi, una rosa con molte spine. Certo, ad essere onesti, era stato il Professore ad aprire il gioco delle candidature quando, ospite di Radio 24, aveva fatto il nome di Tommaso Padoa Schioppa o, in alternativa di Mario Monti. Un proclama che aveva stuzzicato la fantasia delle altre forze dell'Unione al punto che Francesco Rutelli era subito andato oltre: sdoppiare il ministero dell'Economia. Da un lato, aveva spiegato Rutelli, ci sarebbe il ministero del Tesoro e delle Finanze «che sovrintende ai conti pubblici». Dall'altro «un dicastero dell'economia reale che comprende le Attività Produttive, il coordinamento delle politiche del Mezzogiorno, della Partecipazioni Statali e del turismo». Per il primo, quindi, ok a Padoa Schioppa, mentre per il secondo, aveva aggiunto Rutelli, serve «una personalità marcatamente politica». Ma, mentre Prodi e Rutelli fantasticano della sorte del dicastero di via XX Settembre, tra le pieghe dell'Unione si combattono altre battaglie. La prima è quella che riguarda le due «poltrone istituzionali»: quella di presidente della Camera e quella di presidente del Senato. Sulla seconda sembrerebbe in pole position l'esponente della Margherita Franco Marini, mentre è bagarre per lo scranno di Montecitorio dove la sfida sembra essere tra Massimo D'Alema e Fausto Bertinotti. Qualcuno, come Lapo Pistelli, ci scherza su e, incontrando Marini e D'Alema al bar della festa della Margherita sulla neve, stuzzica i giornalisti: «Il futuro presidente della Camera e quello del Senato che prendono il tè insieme». Ma è lo stesso presidente dei Ds ad ammettere di essere pronto a dimettersi da tutte le cariche del partito qualora fosse chiamato, dopo le elezioni, a ricoprire un incarico istituzionale. Anche se c'è chi è pronto a giurare che il vero obiettivo di D'Alema sia quello di succedere a Carlo Azeglio Ciampi sulla poltrona del Quirinale. Fosse così a Montecitorio arriverebbe Fausto Bertinotti. Ma il leader di Rifondazione, per non avere sorprese, ha già chiesto per il suo partito la poltrona di ministro del Lavoro. Certo, a giudicare da quanto accadde sul tema delle 35 ore nel 1998 (motivo per cui Bertinotti fece cadere il Governo), la strada sembra abbastanza in salita. E così, mentre ogni giorno si allunga la lista di coloro che prenotano un posto fisso in Rai (altro oggetto del desiderio dell'Unione), nel centrosinistra i giochi sono già iniziati.