Il Lingotto rivede
In attesa dei numeri non si attenua, intanto, la polemica con il ministro Roberto Maroni che continua a punzecchiare l'azienda e i sindacati, accusandoli di essere nostalgici del vecchio assistenzialismo. Gli obiettivi per Fiat Auto sono stati centrati e superati, ha anticipato qualche giorno fa a Detroit l'amministratore delegato Sergio Marchionne. La strada verso il risanamento non è completata, ma il cda odierno è una tappa importante, spiegheranno presumibilment Marchionne e il presidente Luca Cordero di Montezemolo nell'incontro con la stampa. Dovrebbe essere rispettata la previsione di una perdita operativa a fine 2005 di 320 milioni di euro a fronte di quella di 822 milioni del 2004, mentre per l'ultimo trimestre il mercato si aspetta un risultato dell'Auto in nero: la cifra potrebbe aggirasi fra il break even e un leggero utile. Effetto Grande Punto (88.000 ordini, il 45% fuori dall'Italia) e dei modelli lanciati negli ultimi mesi dell'anno, che a dicembre hanno portato la quota del Lingotto al 29,4%, 2,8 punti percentuali in più rispetto a dicembre 2004. Il gruppo dovrebbe chiudere l'anno con un risultato fra 1,3 e 1,4 miliardi di euro, grazie alle partite straordinarie, legate in particolare alla definizione dell'accordo con la General Motors e alla vendita della quota Italenergia. Ma tutti i settori industriali registrano un risultato operativo: sono già stati resi noti i dati di Cnh, il settore macchine per l' agricoltura e le costruzioni del gruppo, che ha raggiunto nel 2005 un risultato netto di 163 milioni di dollari con un incremento di circa il 30% rispetto all'anno precedente. Resta, infine, il problema degli esuberi denunciati dal Lingotto, sul quale c'è stato un lungo braccio di ferro con il ministro del Welfare, Roberto Maroni. Nonostante qualche segnale distensivo, Maroni non si dà per vinto e continua ad attaccare: «Fiat e sindacati - ha detto - sono nostalgici di un vecchio sistema che scarica sullo Stato i costi, mentre il governo sta cercando una soluzione più moderna ed europea: questa è la netta distinzione tra le forze in campo. Noi - ha aggiunto Maroni - ci occupiamo dei lavoratori, mentre qualcuno altro si preoccupa di scaricare sullo Stato i costi di un lungo periodo di pensionamento anticipato. Noi stiamo definendo una proposta per impiegare di nuovo i lavoratori, coinvolgendo le associazioni che si occupano di questo». «C'è chi vuole scaricare sullo Stato i costi - ha insistito - mandando in pensione cinquantenni, cioè persone ancora giovani; e chi, come il Governo, cerca di applicare le politiche attive del lavoro per cercare a questi lavoratori un nuovo impiego». Da qui, dunque, la sfida a sindacati e azienda «sul terreno delle politiche attive», rinunciando alla richiesta dei prepensionamenti e della mobilià lunga, «cercando con me il modo di trovare un nuovo lavoro a questi cinquantenni». Di "colpi di spillo" fra governo e sindacati ha parlato invece il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha invitato l'esecutivo «a non giocare sulla pelle dei lavoratori».