«Ma oggi Il vero vincitore è Paolo Mieli
De Michelis? Voleva venire a sinistra»
Sindaco socialista della città dal 1986 al 1992, gli anni della famosa «Milano da bere», oggi guarda da spettatore le vicende legate alle primarie del centrosinistra e alla sfida che, con tutta probabilità, vedrà scontrarsi Letizia Moratti e Bruno Ferrante. Senza rinunciare a dire la sua sul futuro degli eredi di Bettino Craxi. Di fronte a questo processo, quasi inarrestabile, di disgregazione dello storico Partito Socialista lei come si colloca? «Storicamente non si può accettare che l'eredità politica di Craxi vada alla destra. La sua storia personale, la sua biografia non possono essere regalate o svendute». Come giudica le scelte di quei socialisti che hanno aderito al centrodestra? «Ognuno è libero di fare ciò che vuole, sono scelte personali». Ma inizialmente non era rimasto affascinato, come molti altri socialisti, da Berlusconi? «È vero! Ma oggi sono invece deluso dal berlusconismo. Nel 2001 fu l'abilità di Berlusconi nell'intrecciare la sua persecuzione giudiziaria con quella di Craxi a farci sperare e motivare i socialisti a votare Forza Italia. Dal 2002 le cose sono cambiate perché Berlusconi ha fatto errori enormi, dal contratto con gli Italiani, sul quale non è stato veritiero né leale, alla mancata valorizzazione dell'area laica e riformista del suo schieramento. Infine, ma non ultima la mancata istituzione della Commissione d'inchiesta parlamentare sui costi della politica, promessa a Bettino in punto di morte e, a dire il vero, disattesa anche dal centrosinistra». Come guarda la nascente formazione radical-socialista della Rosa nel Pugno? «La vedo bene a riempire il vuoto di laicismo e liberalismo che si è determinato, anche per l'arretramento di Fi su questi temi. Può catturare delusi di destra, ma anche a sinistra. La Rosa nel pugno, potenziata dal grande propellente civile dei Radicali potrebbe riuscirci, a patto di non rimanere blindata in se stessa ed uscire dal recinto». Sta pensando all'unità socialista? «Sì, ma non solo. L'operazione della Rosa va completata con l'allargamento a Bobo Craxi, che non deve rimanere isolato, e ai resti dei partiti laici e di tradizione riformista». Lasciando fuori De Michelis che ha già fatto sapere che intende rimanere fedele al centrodestra e a Silvio Berlusconi? «Gianni era d'accordo ad andare a sinistra, ma gli sono mancati i tempi per trovare una composizione interna fra i suoi ed oggi si ritrova in questa anomala alleanza con la Dc di Rotondi, perché costretto dal meccanismo elettorale e dalla soglia del 2%. In politica l'assenza di ragione genera mostri!» Come giudica il recente caso di Bancopoli? Crede che stia riaffiorando il mai sopito anticomunismo? «Sono un vecchio socialdemocratico, che ha amato Craxi e Saragat, il primo anticomunista italiano, ed ho imparato che il comunismo non è a sinistra ma ad Est. I comunisti sono intolleranti e, con Tangentopoli, sono stati in prima fila a smantellare la politica in favore della morale. Contribuendo alla distruzione dei partiti, primo fra tutti il Psi, si sono illusi di prenderne il posto, non accorgendosi di annullare così la politica e di consegnarla ad altri poteri, bancario, mediatico, finanziario. Scegliendo la personalizzazione della politica, i partiti si sono autocastrati. Oggi il vero vincitore è Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, che ha superato il suo maestro, Eugenio Scalfari». Quali possono essere le conseguenze politiche del caso Unipol? «Può essere l'occasione giusta per i Ds di aprire finalmente un confronto col passato, se no rischiano di essere assorbiti e trascinati dallo tsunami del Partito Democratico al prezzo della liquidazione della loro storia. Conclusione che potrebbe essere evitata se abbandonassero la paura di chiamarsi sic et sempliciter "socialisti" e Fassino venisse a depositare una corona di fiori sulla tomba di Bettino». Come vede le primarie del centrosinistra a Milano? «Il centrosinistra non finirà mai di pentirsi di queste primarie! Sono sfug